In tutto il
mondo la Fotografia naturalistica è una attività in
rapidissimo sviluppo; quando sono coinvolti grandi
numeri di persone in un’attività le conseguenze per
l’ambiente e per la fauna sono sempre negative. Negli
Stati Uniti per esempio la Fotografia naturalistica è
l’attività all’aperto che ha avuto il maggiore sviluppo
negli ultimi anni (Aiken, 2009; Cordell 2008) e per
questo i biologi e I responsabili delle aree protette
hanno iniziato ad occuparsi della mitigazione dei
problemi dovuti a questa attività.
Capire se
un determinato comportamento di un fotografo naturalista
sia etico o meno è molto difficile e il dibattito su
questo è ancora aperto; se per esempio un fotografo
emette un verso con la bocca per far girare un rapace
notturno così da ottenere una foto migliore, questo
comportamento è etico o no? Sicuramente fischiare o fare
un verso ver far girare un rapace notturno non arreca
disturbo all'animale, che potrebbe spaventarsi anche
solo per un'automobile che passa.
In questo
documento dunque si darà meno importanza alle questioni
etiche, proprio perchè l’argomento rimane ancora molto
dibattuto e poco chiaro, ma ci si concentrerà
soprattutto sugli aspetti legali della fotografia
naturalistica e sugli effetti negativi e i danni che certe attività anche se
legali possono arrecare agli ambienti e alla fauna.
Il disturbo
stesso non è sinonimo di danno; il disturbo può
provocare un danno, ma non è esso stesso un danno;
l’impatto delle attività di fotografia naturalistica
sulla fauna dipende dal tipo, dal grado, dalla durata e
dalla frequenza del disturbo ma anche dalla capacità
delle single specie o anche dei singoli soggetti di
tollerare questo disturbo. Inoltre il disturbo può
essere singolo o ripetitivo, prevedibile o random,
concentrato o disperse. I vari tipi di disturbo possono
avvenire in habitat generici o in habitat critici e
possono avere effetto a livello individuale o di
popolazione o di comunità. Inoltre, alcune specie sono
più robuste ed adattabili rispetto ad altre. L’impatto
del disturbo infine può dipendere dal fatto che sia
provocato da una singola persona o da un gruppo e dal
comportamento delle persone che può essere passive o
intrusivo (USGS, 2007)
Uno studio
condotto in un’isola (Tershy et al. 1997) ha dimostrato
che informare bene il pubblico (turisti e fotografi) che
visitava quel posto sulle problematiche dovute alla
fotografia ed alla presenza di essere umani e sull’ecologia
insulare ha avuto come conseguenza positiva la riduzione
dell’impatto sul successo di nidificazione degli uccelli
marini presenti nell’isola.
Diverse ricerche hanno
chiaramente dimostrato che il disturbo dovuto ad
attività ricreative ha degli effetti anche solo temporanei
sul comportamento e sui movimenti degli uccelli (Burger,
1981, 1986; Klein, 1993; Burger et al. 1995; Klein et
al. 1995). Comunque la modifica del comportamento degli
uccelli non è detto che abbia per forza effetti
negativi se comunque essi riescono a trovare
abbondanti quantità di cibo (Burger et al., 1995; Madsen,
1997). Un disturbo che impedisce agli animali di
accedere ad un determinato habitat per alimentarsi può
avere effetti negativi sulle popolazioni a scala
regionale se non sono disponibili altri habitat
alternativi, uguali o migliori a quello in cui gli
animali sono stati disturbati (Madsen, 1995; Hill et
al., 1997).
Sono diverse le attività
e le tecniche usate dai fotografi naturalisti che
possono disturbare la fauna o arrecare problemi
all'ambiente. Il consiglio principale è di evitare di
utilizzare certe tecniche se non le si conosce bene e se
non si ha abbastanza esperienza, con il rischio di
disturbare i soggetti e addirittura danneggiarli
(ferimento, morte, fallimento della riproduzione etc).
Il semplice disturbo,
come abbiamo visto finora, non è un problema, la fauna è
purtroppo ormai abituata a convivere con l'essere umano,
sia in aree urbane che in aree più naturali che comunque
sono quasi sempre in qualche modo antropizzate
(passaggio di strade, ferrovie, cavi sospesi, presenza
di abitazioni e attività umane). Anche il solo
provocare la fuga di un capriolo che sta pascolando in
un campo viene tecnicamente definito disturbo ma a
questo disturbo non corrisponde un danno. E' dunque
logico chiedersi: quando il disturbo diventa dannoso?
Analizziamo le risposte
1) Quando si provoca la
morte o il ferimento di un essere vivente
Questo può avvenire in
maniera diretta o indiretta. Ad esempio quando un
fotografo macro uccide un insetto di proposito per
fotografarlo meglio oppure quando si pastura con
alimenti non idonei provocando la morte di un soggetto
per cause artificiali.
2) Quando si
interferisce con l'attività riproduttiva
Provocando un
abbassamento del tasso di schiusa o di involo dei
giovani, o mortalità dei cuccioli o fallimento totale
della riproduzione.
3) Quando si inducono
gli animali ad abbandonare il luogo dove vivono
Questo può accadere in
numerose situazioni basti pensare al disturbo presso un
rendez-vous di lupi o a decine e decine di fotografi che
inseguono dei gufi di palude in lungo e in largo per i
campi dove si sono fermati per svernare costringendoli a
cambiare posto.
In ogni caso anche il
danno è sempre relativo, soprattutto in funzione della
sua entità e delle specie coinvolte. Da un punto di
vista di biologia della conservazione, schiacciare
un'orchidea comune non equivale a danneggiarne la
popolazione locale o globale come provocare l'abbandono
della nidificazione di una specie molto rara come il
Capovaccaio per esempio.
Esempi di tipologie di
disturbo dal meno grave al più grave :
-Civetta che fugge dal
suo posatoio al nostro passaggio
-Gufo comune che si
invola dal suo posatoio di roosting diurno in un altro
albero
-Disturbare una civetta
mentre è in caccia o un gufo comune che ha appena
catturato un topo
-Gufi comuni che
scappano dal roost diurno (tutti)
-Agricoltore che lavora
col trattore vicino al casolare dove la civetta è in
cova per mezza giornata intera
-Muratori che
distruggono il casolare dove c'è il nido di civetta
-Una cosa è collocare un
capanno con una fotocamera a distanza che punta sulla
finestra da cui entra la civetta o il barbagianni e una
cosa è collocare un set hi-speed proprio sulla finestra:
il disturbo creato nel secondo caso è molto maggiore.
2) Durata:
La durata del disturbo è
un altro fattore importante che può trasformare il
disturbo in danno più o meno grave per gli animali.
Usare richiami
elettronici vicino ad un sito di nidificazione e in
periodo di riproduzione per un tempo molto lungo può
creare un disturbo molto elevato che può trasformarsi in
danno.
Appostarsi troppo vicini
ad un nido per un periodo molto lungo può avere
conseguenze molto gravi (morte degli embrioni nelle
uova, morte dei pulli, abbandono del sito).
Impiegare troppo tempo
per montare un set fotografico automatico vicino ad un
nido può avere conseguenze altrettanto gravi. Di solito
in molte situazioni 1 ora è il tempo limite; in casi
particolari anche mezz'ora (pulli molto piccoli o uova
e/o periodo freddo)
3) Frequenza
E' forse il fattore più
importante: anche operando correttamente come tipologia
di disturbo e come durata (per esempio set fotografico
su nido), ripetere questo disturbo per più giorni
consecutivi può essere molto pericoloso! anche se può
comunque subentrare l'assuefazione ma non è garantito e
non si può prevedere quindi è bene seguire il principio
di precauzione ed evitare eccessiva frequenza
soprattutto in situazioni molto delicate come roost,
colonie di chirotteri, nidificazioni.
Per esempio:
- fotografia notturna in
un tipico spot dove è presente il barbagianni
-disturbo continuo ad un
roost di gufi comuni o a una colonia di pipistrelli
-fotografia al nido
Nei primi due esempi
anche se la frequenza del disturbo provoca
l'allontanamento degli animali da quel posto, il
disturbo ha raggiunto un livello medio-alto ma non ha
provocato danni diretti. Nel caso del barbagianni però
provocare l'allontanamento della coppia, anche se in
inverno, da quel casolare, può voler dire impedire la
riproduzione viste le problematiche che hanno i
barbagianni nel trovare casolari adatti per la
riproduzione. Nel terzo esempio (fotografia al nido) la
frequenza del disturbo può invece provocare dei danni
come la morte dei pulli o l’abbandono del nido.
L’entità del danno
provocato dal disturbo è anche direttamente collegata
col numero di individui coinvolti, ovviamente. Una cosa
è provocare a causa del disturbo fotografico
l’allontanamento definitivo da un determinato posto di
un singolo individuo e una cosa è provocare l’abbandono
del luogo da parte di un insieme di individui.
Il danno provocato in
questo caso, inoltre, è tanto più grave quanto più rare
sono le opzioni alternative che i soggetti hanno per
trovare un altro posto idoneo.
Per esempio: installare
un set fotografico per la fotografia ad alta velocità (Hi-Speed) di
chirotteri in volo, all’uscita di un rifugio che ospita
1, 2 o pochi individui è molto meno rischioso, da un
punto di vista del potenziale disturbo che si potrebbe
arrecare, rispetto al posizionare lo stesso set
fotografico all’uscita di una grotta che ospita una
colonia di decine o centinaia di individui; in questo
caso a parità di probabilità di rischio, sarebbe molto
più dannoso provocare l’abbandono di una grotta da parte
di una grossa colonia rispetto all’abbandono di un
rifugio da parte di 1-2 individui, nel caso in cui non
si riesca a operare correttamente e si disturbino i
soggetti.
5) Valore degli
individui coinvolti
Anche il valore
ecologico e conservazionistico degli individui coinvolti
dal disturbo o da eventuale danno è da tenere in forte
considerazione. In questo caso si passa a livello di
popolazione e si argomenta in base ai concetti di
biologia della conservazione. Provocare l’abbandono di
un roost di passeri o provocare il fallimento di una
nidiata di cinciarella è molto meno grave, a livello di
conservazione, rispetto al provocare l’abbandono di un
nido di gheppio o di un roost di chirotteri. Ma questo
solo da un punto di vista di biologia della
conservazione; è ovvio che eticamente e anche legalmente
è sbagliato provocare qualsiasi tipo di danno e anche
l’abbandono di un nido di cinciarella è assolutamente da
evitare.
Per es in base alla
posizione nella piramide ecologica è sicuramente molto
più pericoloso e rischioso fotografare al nido un’Aquila
del Bonelli rispetto ad una Poiana comune, proprio per
il valore conservazionistico diverso tra le due specie,
la prima molto più rara e in forte pericolo di
estinzione, la seconda molto più comune e abbondante
ovunque.
6) Periodo/momento
Il disturbo dovuto ad
attività fotografiche può avere conseguenze dannose in
base ai periodi e dunque non ha effetti costanti. Ci
sono alcuni momenti della vita degli animali in cui il
rischio che il disturbo si tramuti in danno e che il
danno sia grave è molto elevato. Tra questi citiamo:
-il foraggiamento
invernale di alcune specie a metabolismo molto veloce
(piccoli passeriformi ad esempio).
-Il periodo della
riproduzione
-Il periodo di
letargo/ibernazione (per esempio nei Chirotteri o nei
Gliridi)
-Il periodo di iperfagia
o di foraggiamento abbondante prima dell’inverno in
alcune specie; disturbare, ad esempio, gli orsi
marsicani nel momento di massima frenesia alimentare per
accumulare riserve per il letargo potrebbe avere
conseguenze molto gravi.
Effetti diversi durante
corteggiamento/costruzione del nido, cova, allevamento
dei pulli nelle varie età, nido vuoto
Gli effetti del disturbo
possono avere conseguenze diverse anche durante le varie
fasi della riproduzione; come vedremo successivamente
infatti l’attaccamento degli adulti sl sito di
nidificazione aumenta man mano che la riproduzione
progredisce; la probabilità di abbandono del sito di
riproduzione è molto elevata nelle fasi iniziali, per
esempio durante i corteggiamenti e la scelta del sito
stesso o durante la preparazione della tana o la
costruzione del nido; man mano che la riproduzione
procede e vengono deposte le uova il rischio di
abbandono, a parità di disturbo, diminuisce perché
l’attaccamento degli adulti al sito si rafforza
notevolmente (anche in funzione dello sforzo che è stato
necessario fino a quel momento per portare avanti la
fase riproduttiva); questo avviene soprattutto negli
Uccelli perché, a differenza dei Mammiferi, essi non
sono in grado di spotare la prole in caso di disturbo.
Quando i pulli sono ancora piccoli il rischio di
abbandono può ancora esserci ma diminuisce sempre di più
man mano che i pulli crescono. Per questo motivo infatti
se proprio si deve operare nei pressi di un nido è bene
farlo quando ci si è assicurati che i pulli sono
abbastanza cresciuti. Questo è importantissimo anche
perché se i pulli fossero più piccoli, un eventuale
disturbo che provoca l’allontanamento dei genitori dal
nido potrebbe arrecare grossi danni fino alla morte dei
pulli stessi perché quando sono piccoli essi hanno
bisogno di essere alimentati più frequentemente e spesso
hanno bisogno ancora di essere riscaldati e accuditi dai
genitori in quanto non ancora indipendenti dal punto di
vista termoregolatorio. Operare solo quando i pulli
hanno una certa età garantisce una riduzione dei rischi
di danni perché anche in caso i genitori non accedano al
nido per un’ora non si rischia di provocare la morte di
fame dei pulli o per raffreddamento.
7) Luogo e
abituazione
Sulla stessa specie, il
disturbo può avere effetti diversi in funzione del luogo
dove avviene. Gli esemplari che vivono in ambienti
antropizzati per esempio quelli urbani hanno sono molto
più abituati ai vari elementi di disturbo e alla
presenza e vicinanza degli umani dunque risentono molto
meno rispetto a individui della stessa specie che vivono
in habitat meno antropizzati o molto selvaggi e che non
sono quindi abituati.
Negli effetti del
disturbo l’abituazione dunque gioca un ruolo molto
importante. Essa può variare da specie a specie, alcune
specie infatti si abituano e imparano a tollerare molto
meglio il disturbo rispetto ad altre specie. Nella
gestione delle tecniche per evitare il disturbo quindi
si può sfruttare l’abituazione in due modi:
a) Ambienti
antropizzati: fotografare animali in città e in generale
in ambienti antropizzati riduce enormemente il rischio
che un eventuale disturbo possa trasformarsi in danno
per esempio nel caso della fotografia presso i siti di
nidificazione o a colonie di Chirotteri o a roost di
Gufi comuni; gli animali che vivono in ambienti urbani
infatti sono molto più abituati alla presenza e al
passaggio delle persone.
b) Abituazione a set
fotografici e capanni: costruire set fotografici e/o
capanni poco visibili e poco ingombranti e soprattutto
con largo anticipo rispetto a periodi che possono
risultare più delicati aiuta molto a ridurre o anche
annullare qualsiasi rischio di disturbo e quindi di
danno. In questo modo gli animali hanno tutto il tempo
per abituarsi alla presenza di questi elementi
artificiali e non ne saranno influenzati. Se per esempio
volete fare delle foto all’upupa in volo quando arriva
al nido per imbeccare la prole, posizionate un nido
artificiale in un luogo idoneo costruite nello stesso
momento anche un capanno fisso, se l’upupa deciderà di
utilizzare questo nido sarà già abituata alla presenza
del capanno dove vi nasconderete per fare le foto quando
i pulli saranno cresciuti. Tale tecnica si può applicare
a numerosissime situazioni come anche i capanni per lupi
o ungulati, i set per la fotografia di rapaci notturni o
di pipistrelli in volo e così via. In alcuni casi si usa
la tecnica della “finta attrezzatura”cioè elementi
simili e dalla stessa forma e colore di quelli reali che
andranno a comporre il set fotografico possono essere
posizionati sin dall’inizio intorno a un nido per
abituare gli animali alla loro presenza; questi elementi
verranno poi sostituiti da quelli veri solo nel momento
della sessione fotografica. Questa tecnica si può usare
per esempio nelle foto di rapaci notturni in volo
all’entrata del nido; quando si posizionano nidi
artificiali per allocchi, assioli, civette, barbagianni,
oltre ai nidi artificiali è bene già posizionare un
finto set fotografico quindi una finta fotocamera che
punta verso l’entrata del nido, un finto sensore, e 2-3
finti flash a debita distanza; se e quando i rapaci
occuperanno il nido saranno già abituati alla presenza
del set fotografico, e ciò che il fotografo dovrà fare
sarà solo di sostituire gli elementi finti con quelli
veri durante la sessione fotografica (riposizionando
alla fine quelli finti a fine sessione).
Quando si è da soli,
generalmente, l’eventuale disturbo provocato è più
facilmente controllabile e limitabile; quando invece il
numero di fotografi è maggiore di 1 o quando si usano
set fotografici complessi montati all’improvviso,
l’entità del disturbo può aumentare e di conseguenza
anche l’entità del danno che esso può provocare.
Facciamo alcuni esempi:
-posizionare un capanno
mobile di grandi dimensioni, anche se mimetico, nel bel
mezzo di un campo dove si presume possano passare dei
lupi crea un disturbo sicuramente maggiore rispetto
all’uso di una mimetizzazione più semplice, come una
rete fogliata, posizionata all’interno di un cespuglio
-posizionarsi ben
nascosti e in silenzio nelle vicinanze di un nido di
upupa e da soli, arreca un disturbo molto inferiore
rispetto a 3 fotografi posizionati intorno al nido e che
magari si muovono, usano capanni ingombranti e
chiacchierano tra loro, in questo caso il disturbo può
essere ben più elevato con conseguente rischio di
provocare un danno come l’abbandono del nido.
-piazzare un semplice
set fotografico per fotografare una civetta che entra in
volo nel nido arreca molto meno disturbo che piazzare un
set complesso costituito da molti elementi ingombranti.
Un set semplice e poco visibile, costituito da elementi
piccoli, poco visibili e mimetici risulta meno rischioso
di un set in cui si posizionano ingombranti cavalletti
molto visibili, numerosi flash anch’essi messi in bella
vista e diverse fotocamere; in questo secondo caso
l’eventuale disturbo può facilmente diventare pesante
provocando delle conseguenze gravi.
9) Situazioni
specifiche
Molto spesso un disturbo
con uguali parametri di intensità, frequenza etc, può
provocare effetti diversi semplicemente a causa di
differenze specie-specifiche e, in alcuni casi, anche
solo per differenze individuali. Alcune specie animali
sono per natura più tolleranti al disturbo rispetto ad
altre specie e queste differenze si possono riscontrare
anche a livello individuale. Le specie più indicative da
questo punto di vista sono ad esempio i Rapaci diurni:
l’effetto del disturbo dovuto alla fotografia
naturalistica sui rapaci varia in funzione delle specie
(Preston & Beane, 1996); alcune specie di rapaci si
adattano molto facilmente alla presenza di umani nelle
vicinanze del nido mentre altre specie possono
allarmarsi anche con persone a centinaia di metri di
distanza dal nido (Fletcher et al., 1999); quest’ultimo
è ad esempio il caso del Falco pellegrino, dell’Astore e
dell’Aquila reale. Diversi studi hanno inoltre mostrato
che i rapaci sono molto più sensibili a persone che si
avvicinano a piedi mentre reagiscono meno nei confronti
di veicoli (Skagen, 1980).
Spesso poco considerato
ma altrettanto grave è il disturbo involontario; in
questo caso per "involontario" non intendiamo un
disturbo dovuto all'ignoranza, per esempio un fotografo
che tenta di fotografare un rapace nei pressi del nido e
non sa che questo può arrecare disturbo anche molto
grave. Il disturbo involontario si ha principalmente
quando il fotografo è ignaro della presenza di una
situazione potenzialmente a rischio e non immagina che
anche un normale comportamento potrebbe essere molto
pericoloso. Facciamo qualche esempio per capire meglio:
-Qualche estate fa avevo
individuato il territorio di una coppia di Averle
piccole, non era assolutamente mia intenzione cercare il
nido o fotografare nei pressi del nido, ero più
interessato alla caccia, così ho posizionato un posatoio
al centro di un campo dove avevo già visto cacciare le
averle e mi sono mimetizzato con un piccolo capanno
mimetico a ridosso di una siepe puntando il
teleobiettivo verso il posatoio. Ho notato però un
comportamento strano delle Averle, alcune volte le ho
viste arrivare dritte verso il mio capanno e poi
cambiare direzione all'ultimo, inoltre sentivo dei
debolissimi versi alle mie spalle, a quel punto ho
capito che c'era qualcosa di strano, sono uscito dal mio
nascondiglio ho guardato per bene dentro la siepe e ho
scoperto che a pochi metri dal mio capanno bene nascosto
tra i rovi c'era il nido delle Averle, per fortuna ho
impiegato circa 30 minuti da quando ho posizionato il
capanno a quando mi sono accorto del disturbo
involontario che stavo arrecando nascondendomi senza
saperlo a pochi metri dal nido. Ho immediatamente
smontato tutto e mi sono allontanato continuando però a
monitorare l'attività dei genitori che sono tornati a
imbeccare i pulli subito dopo; qualche giorno dopo ho
osservato i giovani ormai involati nelle siepi intorno,
rincuorandomi per non aver arrecato danni
-Un amico mi ha
raccontato che durante una escursione in montagna in
compagnia di amici, hanno notato uno strano
comportamento di una pernice delle nevi che tentava di
avvicinarsi alle tende, per fortuna dopo non molto tempo
hanno capito che dietro una roccia a pochi metri
dall'accampamento c'era il nido della pernice; per
fortuna anche in questo caso tutto è andato bene, gli
amici hanno immediatamente smontato le tende e sgombrato
il campo e la pernice è tornata al suo nido senza
problemi.
Il disturbo involontario
può portare anche a conseguenze gravi come per esempio
far fallire la riproduzione e difficilmente è
prevedibile. E' però possibile cercare di minimizzare le
probabilità, come si può leggere anche negli esempi
riportati in precedenza, facendo attenzione ai segnali
che ci mostrano gli animali, massimizzando la nostra
sensibilità e conoscendo il problema stesso; vagabondare
per natura, anche solo sedersi su un campo senza sapere
che a 1 metro da noi c'è il nido di una coppia di
strillozzi, provoca un disturbo involontario ma se si è
sensibili e si conosce la biologia della fauna è
abbastanza facile percepire che c'è qualcosa di strano e
anomalo e quindi si può facilmente e rapidamente correre
ai ripari.
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