Tracce e segni di
presenza degli animali: resti di cibo, segni di pasti,
tracce di alimentazione
Nel loro ambiente gli
animali lasciano molti segni del loro passaggio e si può
identificare la loro presenza non solo attraverso le
impronte, le piste e i sentieri ma anche individuando i
segni di alimentazione che possono essere vegetali nel
caso degli erbivori o di origine animale nel caso dei
carnivori.
Seguendo i sentieri e le
tracce degli animali spesso si arriva a trovare tracce
di alimentazione; gli erbivori hanno siti di
alimentazione molto ravvicinati, ad esempio seguendo la
pista di un capriolo si potrà trovare facilmente il
punto in cui si è fermato a pascolare; nel caso dei
carnivori invece si dovranno seguire le piste per lunghi
tratti prima di trovare un eventuale predazione.
I segni di alimentazione
più facili da trovare perché più abbondanti sono
sicuramente quelli lasciati dagli animali erbivori;
poiché i vegetali forniscono meno energia rispetto alla
carne, gli erbivori devono infatti alimentarsi
continuamente consumando una gran quantità di materia
vegetale ogni giorno. A volte il loro impatto è visibile
a livello di paesaggio, da una certa distanza; si pensi
ad esempio ad una collina abitata da conigli dove l’erba
dei prati è tenuta ben rasata dall’opera di questi
lagomorfi.
I Cervidi (ad es
capriolo, cervo, daino) brucano tutto ciò che si trovi a
portata del loro muso producendo una così detta “linea
di brucatura”; essi infatti, in genere, evitano di
doversi abbassare troppo o di alzare la testa più in
alto per brucare. L’altezza della linea di brucatura,
dunque, corrisponde con la dimensione dell’animale che
l’ha prodotta. Linee di brucatura vengono prodotte anche
dai Lagomorfi e in questo caso sono più basse, circa
40-cm dal suolo, mentre la linea di brucatura dei cervi
può arrivare a 200 cm di altezza dal suolo.
Per capire meglio in che
modo i cervidi si alimentano su alberi e cespugli è
importante analizzare la loro dentatura; il cervo ha
nella mascella superiore una fila di molari (6) solo
posteriormente, non vi sono incisivi ma al loro posto
c’è una placca ossea molto dura che serve a bloccare il
cibo; nella mascella inferiore sono presenti oltre ai
molari posteriori anche degli incisivi nella parte
anteriore; questi incisivi hanno una superficie di
taglio molto affilata, i principali sono i due incisivi
mediani che sono i più efficienti durante
l’alimentazione, poi si trovano altri 3 incisivi ai due
lati e 1 canino (per un totale quindi di 6 incisivi e 2
canini); i canini però non partecipano alla masticazione
del cibo. Dunque quando un cervo vuole staccare un pezzo
di corteccia utilizza i denti incisivi della mascella
inferiore affondandoli sulla corteccia, poi chiudendo la
mandibola il cibo viene premuto contro la placca ossea
superiore così da consentire all’animale di strappare il
pezzo di corteccia; il pezzo strappato viene poi passato
alla parte posteriore dove sono presenti i molari per la
masticazione che sminuzzano ulteriormente il cibo;
dunque con questo movimento il cervo strappa piccoli
pezzi di corteccia uno per volta e nella corteccia
rimangono i segni degli incisivi sotto forma di due
incavi affiancati larghi circa mezzo centimetro
ciascuno.
A differenza dei Cervidi,
nei Lagomorfi sono invece presenti incisivi sia nella
mascella superiore che in quella inferiore così come i
roditori (ad esempio lo scoiattolo, i topi, le
arvicole); sia Cervidi che Roditori e Lagomorfi possono
alimentarsi anche su polloni giovani di alberi o arbusti
ma i segni che essi lasciano sono diversi (oltre che
trovarsi anche a diverse altezze): i roditori lasciano
un segno tipicamente conico, dovuto al lavoro di
rosicchiamento che fanno con i loro incisivi; lepri e
conigli tagliano di netto i rami con i loro incisivi (B)
mentre i Cervidi una volta addentato il ramo o il
pollone ne tagliano solo una parte con gli incisivi
inferiori e poi devono strappare per staccarlo (C)
lasciando dei margini sfrangiati; se invece usano solo i
molari per staccare un pezzo di ramo, rimane un pezzo
molto sfilacciato o triturato senza segni di tagli netti
(D).
La corteccia rappresenta
un’ottima fonte di energia soprattutto nei periodi in
cui altre fonti vegetali verdi scarseggiano; come si è
già detto se ne nutrono diverse specie di animali, dai
grandi erbivori fino ai piccoli roditori e i segni
lasciati da ogni specie sono diversi consentendo così di
identificare chi li ha prodotti. I Cervidi tendono a
sfruttare questa risorsa alimentare soprattutto in
inverno quando c’è minore disponibilità di vegetazione
verde.
Le arvicole producono
segni paralleli dovuti ai loro incisivi, con una
distanza di 1,5-2 mm, esse tendono a rimuovere la
corteccia esterna che è più coriacea lasciandola cadere
a terra per poi rosicchiare via il cambio del tronco più
succoso; i segni che lasciano sono molto puliti, i rami
teneri vengono spesso scortecciati con molta cura da
sembrare sbucciati con un coltello affilato ma se si
guarda attentamente si possono scovare pezzi di
corteccia scartati caduti a terra; in genere i segni di
rosicchiamento delle arvicole si trovano in basso vicini
al terreno ma in alcuni casi le arvicole possono
arrampicarsi e dunque lasciare segni di alimentazione
anche più in alto..Gli scoiattoli hanno una distanza
maggiore tra i loro incisivi e producono segni paralleli
distanti da 2 a 4 mm; proprio per le sue abitudini da
agile arrampicatore lo scoiattolo rosso può lasciare
segni di alimentazione anche molto in alto negli
alberi.. Conigli e lepri lasciano segni paralleli
distanti circa 6-9 mm mentre i cervidi, molto più grandi
dei roditori, lasciano sulle cortecce segni paralleli da
10 a 30 mm in funzione della specie. Ovviamente anche
l’altezza a cui si trovano i segni sulle cortecce è
indicativa della specie che li ha prodotti: mentre i
segni delle arvicole si troveranno nelle parti più
basse, al livello del terreno, i segni dei Lagomorfi
possono trovarsi fino a 40-50 cm di altezza e possono
essere riconosciuti anche grazie ad una caratteristica
degli incisivi di conigli e lepri: essi hanno infatti
una scanalatura centrale per cui il morso sembra
effettuato da quattro denti più piccoli. I segni dei
cervidi da 80 a 150 cm di altezza.
Sulle
cortecce si possono trovare anche graffi
che non
sono segni di alimentazione bensì di cura del corpo.
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Corteccia rosicchiata da Daino (Dama
dama); si possono notare le
fatte lasciate appena sotto
l'albero |
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Arvicola
terrestre |
Arvicola
terrestris |
3,5-4 mm |
Arvicola
campestre |
Microtus
arvalis |
2,5 mm |
Arvicola
rossastra |
Clethrionomys
glareolus |
1,5-2 mm |
Topo selvatico
collo giallo |
Apodemus
flavicollis |
1,5 mm |
Scoiattolo
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Sciurus
vulgaris |
4-5 mm |
Dimensioni degli incisivi
di varie specie di roditori
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Picchi
Le diverse specie di
picchi si alimentano sulle cortecce lasciando dei chiari
segni del loro passaggio; non si alimentano di materia
vegetale ma trovano nelle cortecce abbondanza di
invertebrati come larve di insetti xilofagi, formiche,
coleotteri etc.
Picchio nero
Si alimenta
principalmente di formiche che costruiscono i loro nidi
all’interno dei tronchi; per poter alimentarsene il
picchio nero buca il tronco praticandovi un foro
d’entrata, largo circa 10-15 cm e profondo fino a20 cm,
con margini irregolari, grazie a possenti colpi di
becco, procedendo dal basso vero sl’alto.
Picchio rosso maggiore
Questo picchio produce
anelli di buchi su i tronchi solo nel periodo tra marzo
e maggio; i singoli anelli si trovano a distanza di 9-11
cm tra loro e sono formati da buchi distanziati gli uni
dagli altri di circa 3-4 cm
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Giovane Picchio rosso maggiore (Dendrocopos
major) |
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Nidi di picchi
Se nel bosco
trovate un buco su un tronco questo sarà
quasi sicuramente opera di un picchio; gli
unici altri uccelli che possono scavare
buchi con il loro becco sono la Cincia bigia
alpestre e la Cincia dal ciuffo, ma questi
piccoli Passeriformi non sono dotati di
becchi potenti come i picchi e dunque
possono scavare solo sul legno marcio delle
piccole cavità ben diverse da quelle
prodotte dai picchi.
I buchi scavati dai
picchi hanno solitamente forma circolare o
leggermente ovale (nel Picchio nero), con un
diametro che varia da specie a specie; il
loro lavoro di scavo col becco è molto
preciso e i fori hanno rifiniture pulite.
Solitamente preferiscono scavare sul legno
morto che è più tenero ma il Picchio rosso
maggiore e il Picchio nero spesso scavano
direttamente sugli alberi sani. Il foro
solitamente viene fatto a una certa altezza
da terra e orientato verso il lato più
riparato dagli agenti atmosferici (spesso a
sud). Spesso i picchi scavano più di un nido
nel loro territorio da usare come emergenza
o come rifugio; essi inoltre scavano anche
fori esplorativi e non è infrequente trovare
l’inizio di un foro poi abbandonato perché
il legno era troppo duro.
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Buchi di picchio rosso maggiore
in un vecchio tronco |
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Il Picchio rosso maggiore può
predare uova ma soprattutto
pulli di altri uccelli; per fare
questo usa il suo potente becco
per accedere nei nidi in cavità
naturali o, come nella foto,
artificiali. |
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Segatura sotto un tronco, tipico
segno dell'opera di un Picchio |
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Il Picchio rosso maggiore
incastra le noci o le nocciole
in fori che scava col suo becco
così da avere un supporto
stabile per poter romperne in
gusci. |
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Buchi di invertebrati
Sui tronchi degli alberi
si possono trovare anche tutta una varietà di fori
prodotti da invertebrati; questi sono solitamente di
piccolo diametro, inferiore ai 5 mm e sono scavati a
vari scopi, sia alimentare che riproduttivo; ad esempio
alcuni fori vengono prodotti quando gli adulti emergono
dall’interno del tronco al momento dello sfarfallamento
dopo aver terminato il loro ciclo di sviluppo. In genere
un insetto che scava un buco per penetrare nel legno
lascia della segatura mentre uno in uscita non lascerà
segatura.
Solitamente si tratta di
fori perfettamente rotondi e sono prodotti da molte
specie di insetti, soprattutto coleotteri ma anche
falene, api e vespe specializzate. Le api solitarie del
genere Xylocopa ad esempio scavano i loro nidi nel legno
morto, producendo dei fori molto grandi e netti con un
diametro di circa 10-12 mm.
Se si stacca la corteccia
di un albero morto si potrebbero trovare dei segni
molto particolari, simili a disegni ornati o geroglifici
e spesso simmetrici; questi sono opera di insetti
xilofagi, cioè che si alimentano del legno come alcuni
coleotteri della sotto-famiglia Scolytidae chiamati
appunto coleotteri della corteccia ad esempio l’Ips
typographus. La femmina di questi insetti scava una
prima galleria tra il legno e la corteccia dove poi
depone delle uova a intervalli regolari, le larve che ne
nasceranno scaveranno le gallerie secondarie che
solitamente si sviluppano perpendicolarmente sui due
lati della principale, fin quando non diventeranno
adulti alla fine dello sviluppo e usciranno all’esterno.
Anche le formiche possono
scavare gallerie nel legno, è il caso della formica
rodilegno (Camponotus ligniperdus) che grazie alle sue
potenti mandibole scava lunghe gallerie soprattutto nei
tronchi delle conifere fino a creare un complesso
labirinto.
Noci, nocciole e ghiande
sono estremamente nutrienti e per questo sono gradite da
molte specie animali; ogni specie usa tecniche diverse
per aprire o rompere il guscio e accedere al succoso
seme.
Scoiattolo
Questo roditore ha la
straordinaria capacità di capire se vale la pena aprire
una noce o nocciola prima di impiegare tempo ed energia
per aprirla; la gira e la rigira con le zampe anteriori,
la osserva e la studia, se decide che è buona, sempre
tenendola tra le zampe ne rosicchia l’estremità
appuntita fino a produrre un’intaccatura nella quale
inserisce gli incisivi inferiori e usandoli per fare
leva riesce ad aprire il guscio dividendolo in due metà.
Nel punto in cui solitamente uno scoiattolo spacca le
noci o nocciole si trovano una gran quantità di gusci
dimezzati e svuotati, alle cui estremità sono
individuabili le piccole intaccature prodotte dagli
incisivi; in mezzo ai gusci si possono trovare anche
noci o nocciole scartate e se le aprirete scoprirete che
nella maggioranza dei casi lo scoiattolo ha “indovinato”
la selezione perché non vi troverete il seme dentro.
Ghiro
I ghiri stando seduti
tengono la nocciola ferma poggiandola sulle zampe
posteriori e tenendola stretta con quelle anteriori. una
volta aperta una fessura sul guscio usano gli incisivi
inferiori per allargare il foro mentre con quelli
superiori fanno presa sul guscio staccandone piccoli
pezzi fino a raggiungere agevolmente l’interno.
Topo selvatico
Il topo selvatico e topo
selvatico dal collo giallo non hanno la capacità di
tenere ferma la nocciola con le zampe dunque si aiutano
cercando di incastrarla nel terreno come un pallone da
football; a questo punto pratica un foro dove poi
introduce gli incisivi della mascella inferiore e
rosicchia da dentro verso fuori mentre ruota la nocciola
con zampe, producendo un buco più grande allargando man
mano l’apertura fino a poter accedere al seme interno.
Sul lato esterno del guscio intorno alla superficie
rosicchiata si possono notare, se si guarda
attentamente, anche con una lente di ingrandimento, i
segni lasciati dai denti della mascella superiore, che
formano una corona regolare.
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Noce su cui si è alimentato un
Topo selvatico (Apodemus
sylvaticus); sui fori
scavati per accedere al
contenuto è possibile vedere i
segni dei denti incisivi del
piccolo roditore, i bordi dei
fori sono molto regolari e quasi
lisci. |
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Arvicole
Le arvicole lavorano in
modo diverso rispetto ai topi; avendo arti corti tiene
la nocciola vicino al corpo e la appoggia sulla punta
vicino alle zampe posteriori; pratica una prima apertura
dove introduce gli incisivi superiori e usa gli incisivi
inferiori per rosicchiare dall’esterno verso l’interno
le pareti del guscio; quindi all’esterno del guscio non
rimane alcuna traccia dei denti.
Cinciallegra/picchio
muratore
Questi piccoli
passeriformi non possiedono becchi possenti come quelli
dei corvidi o dei picchi ma sono comunque in grado di
rompere i gusci delle noci e delle nocciole; provocano
più fori di grandezza diversa e dai margini irregolari e
frastagliati. Per fare questo hanno però bisogno di
incastrare la nocciola da qualche parte affinché rimanga
ferma.
Picchio rosso maggiore
Il picchio rosso maggiore
per aprire una noce o una nocciola la trasporta in un
tronco dove può incastrarla affinché rimanga ben ferma;
a questo punto assesta una serie di colpi ben precisi
col possente becco riuscendo a produrre un buco sul
guscio da cui può estrarre il contenuto; vicino al buco
prodotto sono spesso visibili i segni delle beccate non
andate a buon fine.
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Noce aperta da un Picchio rosso
maggiore |
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Nocciola incastrata su un tronco
da un Picchio rosso maggiore e
poi aperta a colpi di becco. |
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Corvidi
Tutti i corvidi possono
aprire noci e nocciole, in particolare la nocciolaia è
specializzata in questo tipo di operazione; essi
bloccano la noce su un ceppo o qualche altro substrato
che la tenga bene ferma e con il becco sferrano dei
colpi fin quando non spaccano il guscio in due parti.
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Anche i pinoli sono
ricchi di sostanze nutritive e molti animali ne
approfittano per nutrirsene, ciascuno con la sua tecnica
Crociere
Questo passeriforme è uno
specialista nell’apertura dei pinoli, grazie alla
struttura del suo becco particolarmente adattato per
questa attività. Il suo becco “crociato” gli consente
infatti di staccare e aprire facilmente i pinoli, una
volta bloccata la pigna con la zampa anteriore; questa
operazione non viene fatta direttamente sull’albero ma
il crociere stacca la pigna e la trasporta in un
posatoio più stabile. La torsione del becco dei crocieri
varia nella popolazione, circa il 50% ce l’ha verso
destra, l’altro 50% verso sinistra. Se l’esemplare ha la
torsione del becco verso il lato destro del corpo
bloccherà la pigna con la zampa destra, inserirà la
punta del becco sotto una delle squame nella punta della
pigna e a questo punto la mascella inferiore fa leva
sulla pigna mentre quella superiore preme contro la
squama; facendo una torsione con il capo il crociere
solleva la squama dalla sua sede aprendo uno spazio
sufficiente per inserire la lingua con cui estrarre il
pinolo; la procedura viene poi ripetuta per tutta la
pigna con lo scopo di estrarre la maggior quantità
possibile di semi. Dopo questa operazione le squame
della pigna rimangono piegate in su e contorte, alcune
completamente spaccate per il lato lungo.
Scoiattolo
Anche lo scoiattolo è un
avido divoratore di pinoli; utilizza due diverse
tecniche per estrarli in funzione della dimensione della
pigna; se la pigna è grande la tiene coricata a terra o
inclinata con la base verso l’alto e inizia dalla parte
inferiore della pigna strappando le squame inferiori per
prime così da poter avere accesso ai pinoli, poi lo
scoiattolo ruotando la pigna continua a estrarre gli
altri semi. Se la pigna è piccola riesce invece a
tenerla direttamente con le zampe anteriori e ruotandole
procede a strappare le squame e estrarre i pinoli.
Picchio rosso maggiore
Non è uno specialista ma
riesce comunque a cibarsi dei pinoli delle pigne
soprattutto in inverno quando non sono disponibili altre
fonti di cibo come gli insetti. Utilizza una tecnica
simile a noci o nocciole: le trasporta in un punto dove
può bloccarle, ad esempio un tronco dove può bloccare la
pigna in una fessura; a questo punto, tenendo la pigna
ferma tra il supporto dove è incastrata e il suo petto,
inizia a spaccare le squame con il suo potente becco
fino ad accedere ai pinoli. Spesso i picchi adoperano
sempre lo stesso tronco come “fucina” se la sua
corteccia è ricca di buchi, così sotto questi tronchi si
troveranno numerose pigne incastrate ma anche grandi
quantità di pigne ormai consumate a terra sotto
l’albero. Le pigne così depredate hanno un aspetto
sfilacciato con tutte le squame distrutte e spaccate e
rimangono in un o stato disordinato e devastato.
Topo selvatico e
Arvicole
Pur essendo di piccola
taglia anche i topi selvatici e le arvicole riescono ad
alimentarsi dei pinoli delle pigne, ma i segni che
lasciano sono difficili da distinguere. Per prima cosa
trasportano la pigna in un luogo sicuro al riparo da
eventuali predatori; poi iniziano lentamente,
utilizzando la loro dentatura da roditori, a “lavorarla”
rosicchiando le squame per accedere ai pinoli; una pigna
lavorata da un topo selvatico si riduce a un asse
centrale liscio senza resti di squame sfibrate,
lasciando però integro il ciuffo di squame apicale, come
fanno gli scoiattoli poiché in questa parte della pigna
ci sono pochi pinoli.
Se ne nutrono molte
specie di Roditori come i topi selvatici; essi
accumulano grandi quantità di gusci rosicchiati nei loro
punti di alimentazione e in questi gusci si notano i
bordi rosicchiati con dei segni lasciati dagli incisivi
che conferiscono un aspetto irregolare dentellato; i
topi selvatici aprono le faggiole in due modi: o
rosicchiando via i due lati così da far cadere il lato
rimanente e poter rimuovere il seme oppure recidendo la
parte basale più larga in modo tale da poter estrarre il
contenuto. Con le ghiande i topi solitamente iniziano a
rodere in modo da praticare un foro nell’estremità
inferiore larga dove la superficie è irregolare e
consente dunque ai denti di poter fare presa.
Anche alcune specie di
uccelli possono nutrirsi delle faggiole, i cui resti
becchettati si possono spesso trovare conficcati nelle
cortecce dove gli uccelli le trasportano per aprirle a
colpi di becco in modo tale da accedere al seme; quando
si trovano queste situazioni è difficile capire quale
specie di uccello se ne sia alimentato, generalmente le
specie incastrano le faggiole per romperle sono i Picidi
(ad esempio il picchio rosso maggiore) e il picchio
muratore; quest’ultimo ha anche l’abitudine di
incastrare faggiole per fare delle scorte dunque se si
troveranno sia faggiole rotte che intere si può
identificare il picchio muratore come l’artefice. Anche
alcuni Fringillidi come la peppola e il verdone si
alimentano di faggiole ma solitamente se ne nutrono a
terra; essi inoltre grazie al loro potente becco sono in
grado di rompere i semi direttamente, spezzandoli in
diverse parti per accedere al contenuto.
Capita spesso di trovare
funghi il cui cappello mostra una serie di solchi
sottili uno vicino all’altro; solitamente in questi casi
sono tracce lasciate da piccoli roditori come il topo
selvatico e il topo selvatico dal collo giallo, che
lasciano i segni dei loro incisivi, larghi circa 1,2-2
mm; anche lo scoiattolo rosso può alimentarsi dei funghi
lasciando però segni dei denti di maggiori dimensioni;
grazie alla sua mole inoltre lo scoiattolo spesso
raccoglie i funghi e li porta in alto sugli alberi dove
se ne alimenta oppure dove li lascia incastrati tra i
rami per alimentarsene successivamente. Alcuni uccelli
infilano il loro becco nel cappello dei funghi non tanto
per alimentarsi della polpa ma alla ricerca di larve di
insetti e in questo modo lasciano una caratteristica
superficie bucherellata. Oltre ai mammiferi ci sono
diverse specie di chiocciole che si alimentano dei
funghi ma lasciano una traccia diversa e caratteristica,
formata da piccole buchette poco profonde e senza segni
di denti.
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Fungo rosicchiato da un piccolo
roditore (Topo selvatico) |
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Dalla primavera
all’autunno e soprattutto tra l’estate e l’autunno la
natura offre tantissimi frutti di cui gli animali si
nutrono avidamente. La frutta fresca è ricchissima di
vitamine e zuccheri e per questo molto gradita. Anche in
questo caso gli animali lasciano spesso dei segni dei
loro denti o becchi che possono consentire di
identificare le diverse specie. Tra i frutti più graditi
vi sono le prugne, le mele selvatiche, i cachi, le
ciliegie, le prugne, le pere selvatiche, i frutti di
rosa canina (cinorrodonti), i gelsi, il melograno, le
more, i fichi. Alcuni animali apprezzano più la polpa
mentre altre specie apprezzano più i semi. Gli storni, i
passeri, il rigogolo e i corvidi ad esempio, adorano la
polpa delle ciliegie, il frosone, invece, grazie al suo
possente becco, è in grado di rompere i noccioli delle
ciliegie, lasciando dei mezzi gusci spaccati disseminati
sotto i ciliegi; i mammiferi come la volpe e il tasso
consumano le ciliegie intere ed espellono i noccioli
interi con le fatte dove si possono individuare
facilmente; gli scoiattoli mangiano solo la polpa ma
talvolta possono rosicchiare anche i noccioli; anche
topi e arvicole sono ghiotti delle ciliegie e raccolgono
a terra quelle cadute, possono rosicchiarne anche i
noccioli e i segni lasciati dai loro denti sono
facilmente identificabili osservando da vicino i
noccioli.
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Fatta di Faina (Martes foina)
con semi |
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Fatta di Lupo (Cani lupus)
con noccioli di frutti di Amolo
(Prunus cerasifera)
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Se il frutto è molto
grande e gli animali piccoli, non riescono a ingerirlo
intero, lasciando quindi dei segni sulla sua superficie,
ad esempio i segni dei denti o del becco. Le mele
selvatiche sono utilizzate come alimento sia da
mammiferi che da uccelli. Il tasso, l’istrice, la volpe
si nutrono solo delle mele mature cadute a terra e le
mangiano praticamente intere espellendo poi i semi con
le fatte; i roditori non riescono a consumare per intero
le mele e lasciano i segni dei loro denti sulla
superficie; mentre topi e arvicole possono alimentarsi
solo delle mele cadute a terra, il ghiro e il
moscardino, da bravi arboricoli, si arrampicano
sull’albero per alimentarsi dei frutti ancora attaccati;
dal solo segno lasciato dai denti è spesso difficile
riconoscere chi l’ha prodotto e l’unica guida che può
aiutare è la dimensione dei segni lasciati dai denti che
nel caso del ghiro sarà maggiore, mentre nel caso di un
topo selvatico sarà minore. Tra gli uccelli i Turdidi
sono particolarmente ghiotti di mele e lasciano i loro
segni di alimentazione: essi sono interessati solo alla
polpa dunque scavano la mela lasciando solo la buccia e
i semi al centro; i crocieri invece sono interessati ai
semi delle mele e per questo scavano nella polpa
riducendola a pezzi fino a raggiungere i semi al centro.
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Frutto di Pero selvatico con i
segni dei denti di un Ghiro (Glis
glis) |
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Cucciolo di Ghiro che si
alimenta di un frutto di Melo
selvatico |
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Anche gli insetti possono
nutrirsi della frutta; la foto
mostra un Calabrone (Vespa
crabro) che si alimenta su
un frutto di pero selvatico |
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I “frutti” della rosa
canina, detti cinorrodi, sono un altro alimento molto
gradito da varie specie animali. Gli scoiattoli di norma
raccolgono solo quelli caduti a terra perché non
riescono ad arrampicarsi nei sottili rami di questo
arbusto, mordono il frutto in senso longitudinale per
alimentarsene; i topi e le arvicole rosicchiano invece
il cinorrodo dall’estremità basale più larga. Anche gli
uccelli sono ghiotti di questi frutti, soprattutto in
inverno; i turdidi sono i principali consumatori di
cinorrodi, ne mangiano la polpa lasciando i semi; i
Fringillidi invece si alimentano dei semi, dopo averli
spaccati con il becco, scartando la polpa.
Le bacche sono molto
gradite a molti animali ad esempio il moscardino, che se
ne alimenta dalla tarda estate fino all’autunno,
soprattutto di lamponi e more; i punti di pastura dei
moscardini sui cespugli di rovo sono facilmente
riconoscibili perché durante il pasto questo piccolo
Roditore lascia cadere le bucce e parte dei frutti sulle
foglie sottostanti.
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More di Rovo (Rubus
ulmifolius) molto gradite a
tante specie di animali tra cui
il Moscardino (Muscardinus
avellanarius) |
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Le piante erbacee
rappresentano una fonte di cibo importantissima per
molte specie di animali, principalmente per gli erbivori
come i Cervidi e i Roditori, costituendo durante tutto
l’arco dell’anno la maggior parte della loro dieta. I
segni di alimentazione sulle piante erbacee sono molto
difficili da identificare con certezza e spesso non sono
molto evidenti, tuttavia nella maggioranza dei casi è
facile trovare altri tipi di tracce che possono portare
all’identificazione della specie come ad esempio le
impronte e le fatte, soprattutto tenendo in
considerazione che i mammiferi erbivori producono una
gran quantità di escrementi che lasciano cadere anche
nei punti di alimentazione.
I Cervidi sono i
principali consumatori di piante erbacee; in inverno è
più facile individuare i segni di alimentazioni lasciate
da questi animali soprattutto se il suolo è ricoperto da
neve, essi infatti raschiano via la neve con gli zoccoli
anteriori per portare allo scoperto le piante di cui
nutrirsi. Tra i piccoli roditori sono principalmente le
arvicole ad alimentarsi di piante erbacee e tracce dei
loro pasti si trovano facilmente lungo i loro corridoi
facilmente riconoscibili sul terreno dove non è
difficile osservando con attenzione individuare resti di
foglie e steli rosicchiati; le arvicole tendono a stare
nascoste dai predatori quando si alimentano e dunque
sfruttano elementi naturali come un ciuffo d’erba; se si
sollevano le foglie pendenti di un ciuffo d’erba lungo
un corridoio di arvicole spesso è possibile osservare
come le parti più basse e succulente dei getti esterni
del ciuffo sono state asportate mentre le parti centrali
e più alte con le foglie non sono state toccate; le
arvicole spesso creano un corridoio ben calpestato e di
forma circolare tutto intorno al ciuffo d’erba, sul
quale non è raro trovare anche gli escrementi dei
roditori. A volte analizzando bene le foglie delle
Graminacee è anche possibile rinvenire i piccoli segni
ben distinti lasciati dai denti delle arvicole sotto
forma di una fila di piccole dentellature ricurve
disposte trasversalmente dato che le arvicole
solitamente divorano le foglie iniziando da
un’estremità.
Anche alcuni uccelli
possono alimentarsi piante erbacee, è il caso dei
Galliformi (fagiano, starna, pernice etc) che ne
gradiscono soprattutto le foglie verdi; i loro becchi
lasciano sui bordi delle foglie delle dentellature a
forma di cuneo. Anche oche e alcune specie di anatre si
possono osservare spesso pascolare nei campi di cereali,
dove si alimentano di foglie nuove e germogli.
I Cardellini beccano le
sommità fiorite, di alcune erbe soprattutto dei cardi,
da cui prendono il nome, alla ricerca dei semi; i resti
dei fiori di cardo spiluccati dai Cardellini rimangono
sparsi disordinatamente sotto le piante.
Molte specie di mammiferi
si nutrono di radici e tuberi scavando il terreno.
Tassi, istrici, cinghiali ma anche le lepri e i conigli
sono in grado di scavare il terreno per accedere a
questa fonte di cibo, i micromammiferi come le arvicole
o i topi selvatici possono accedervi direttamente
attraverso le gallerie che scavano sottoterra; le
arvicole ad esempio svuotano completamente i tuberi (ad
esempio quelli delle barbabietole) direttamente da
sottoterra, lasciando come dei sottili gusci vuoti.
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Diverse specie di animali
scavano sul terreno alla ricerca di cibo, solitamente di
origine vegetale, come bulbi e radici, a volte anche
alla ricerca di invertebrati come formiche e loro uova,
lombrichi o larve.
Cinghiale
Grazie al suo grugno (o
grifo) cartilaginoso, il cinghiale riesce a scavare sul
terreno alla ricerca di cibo, rimuovendo anche zolle e
grosse pietre; i cibi preferiti sono radici di ogni
tipo, bulbi, tuberi, rizomi, funghi ipogei ma anche
proteina animale come vermi e larve di insetti. I
cinghiali si muovono quasi sempre in gruppi di più
individui di varie età e sesso e quando un gruppo opera
sullo stesso punto la loro opera di scavo diventa molto
visibile e può occupare una vasta superficie; si creano
zone circolari o ovali in cui i cinghiali grufolano,
dove si ritrovano anche le fatte e le impronte che
dunque possono assicurare una identificazione precisa di
chi ha “arato” in quel modo il terreno.
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Buche scavate da Cinghiali (Sus
scrofa) alla ricerca di
tuberi e radici. |
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Non sempre i Cinghiali scavano
delle buche, a volte
semplicemente rivoltano la parte
superficiale del terreno come
nel caso mostrato dalla foto. |
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Istrice
Dotato di possenti unghie
l’istrice è un abile scavatore; essendo un roditore va
alla ricerca di alimenti vegetali sia sopra che sotto il
terreno; in particolare, quando scava va alla ricerca di
tuberi, bulbi, germogli e rizomi; le piccole fosse
scavate dall’istrice si distinguono facilmente da quelle
prodotte dai cinghiali ma sono difficili da distinguere
da quelle del tasso; come per molte altre situazioni
simili può aiutare molto il ritrovamento di altri tipi
di tracce come le impronte o le fatte.
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Le buche scavate dall'Istrice (Hystrix
cristata) hanno dimensioni
minori e sono meno estesi
rispetto alle buche scavate dai
Cinghiali, che solitamente si
muovono in gruppo. |
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Tasso
Pur essendo un mustelide
e dunque carnivoro il tasso in realtà ha una dieta
abbastanza onnivora; grazie ai suoi potenti unghioni
scava facilmente sul terreno alla ricerca di
invertebrati ma può alimentarsi anche di radici e
tuberi. I suoi scavi sul terreno non sono mai estesi, ma
al massimo piccole fossette dove, grazie al suo olfatto
molto sensibile, il tasso ha percepito la presenza di un
qualche boccone interessante; sono però difficili da
distinguere dai segni sul terreno lasciati dall’istrice.
Quando si nutre di lombrichi il tasso usa solo il muso
che infila nel terreno provocando dei varchi e se il
terreno è morbido questi varchi sono perfettamente
visibili; i tassi scavano con le zampe quando si
alimentano di tuberi oppure quando trovano un nido di
api o vespe. Anche le tipiche latrine di tasso si
trovano spesso all’interno di una piccola fossa che
l’animale scava appositamente.
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Predazione di Tasso (Meles
meles) su nido ipogeo di
Vespula germanica |
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Coniglio selvatico
I conigli si nutrono
soprattutto di fibre vegetali al livello del suolo ma a
volte possono anche scavare per accedere a radici o
tuberi; si tratta solitamente di buche poco profonde con
un aspetto regolare e pulito e nelle loro vicinanze si
trovano le caratteristiche fatte raccolte in latrine.
Scoiattolo
Sebbene siano mammiferi
arboricoli, soprattutto in inverno gli scoiattoli
scavano buche sul terreno, principalmente in cerca delle
provviste di cibo che avevano nascosto in autunno; le
buche sono poco profonde e spesso si notano i resti
delle riserve di cibo.
Limicoli
Molti uccelli si nutrono
sul terreno, sul fango o sulla sabbia grazie al loro
becco, lungo e sottile, principalmente i Limicoli ma
anche altre specie possono usare il becco per cercare
invertebrati nel terreno come ad esempio gli storni, il
picchio verde, il merlo. Generalmente ciò che si trova
sono dei buchi, di forma e dimensioni variabili in
funzione della specie, ma raramente si può arrivare ad
una identificazione precisa a meno che l’uccello non
abbia lasciato anche le impronte.
Buchi di becchi si
trovano anche sugli escrementi vecchi di bovini; al loro
interno infatti si sviluppano spesso larve di insetti,
di cui gli uccelli sono ghiotti; generalmente gli storni
sono tra i principali fruitori di questa fonte di cibo e
i principali produttori di buchi, ma anche altre specie
possono usufruire di questa circostanza ad esempio il
chiurlo o la beccaccia; anche il tasso visita le fatte
di bovino alla ricerca di scarabei stercorari in questo
caso non produce buchi come gli uccelli ma rivolta la
fatta con le zampe e spesso ne sparpaglia dei pezzi
intorno. Sulle sponde fangose, o sulle rive di una foce
quando la marea si abbassa esponendo delle distese
fangose non è difficile vedere diversi segni di
alimentazione soprattutto opera di Limicoli; alcune
specie come il Piovanello maggiore e il Piovanello
pancianera lasciano delle tipiche file di buchini simili
a cuciture; la loro strategia consiste ne sondare il
terreno in modo casuale per scovare eventuali prede
nascoste sotto il fango, lasciando così una serie di
fori appaiati (dovuti alle due metà superiore e
inferiore del becco), distribuiti in modo uniforme e
accompagnati dalle loro impronte.
Picchio verde
Il picchio verde è
ghiotto di larve di formiche, soprattutto in inverno.
Grazie al potente becco di cui è dotato riesce a scavare
nel terreno per penetrare in un nido di formiche, poi
grazie alla sua lunga lingua adesiva penetra nei
corridoi e nelle camere del nido alla ricerca di
formiche, uova o larve. Trovare dunque un formicaio
“aperto” sul terreno è segno che un picchio verde vi si
è alimentato.
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Picchio verde (Picus viridis)
sul terreno alla ricerca di
invertebrati (uova e larve di
formiche etc) |
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Buchi sul terreno a opera di Invertebrati
I fori sul terreno non
sono solo opera dei becchi degli Uccelli, esiste infatti
una ampia varietà di invertebrati che producono fori
molto simili. I fori scavati dagli invertebrati sono
solitamente proporzionali nel diametro alla dimensione
della specie che li ha prodotti e spesso presentano
tracce di detriti, seta o muco intorno.
Tra gli invertebrati che
scavano fori sul terreno il lombrico è sicuramente uno
dei più diffusi; non è l’unica specie di verme
(Anellidi) che vive nel terreno ma è la specie più
conosciuta e che lascia segni di presenza molto
indicativi; in particolare fuori dai loro buchi si
trovano le deiezioni che escono dal corpo cilindrico man
mano che scava.
Molte specie di api e
vespe sono solitarie e non vivono in colonie costruendo
alveari; queste specie costruiscono nidi piccoli con
celle singole dove depongono le uova, spesso il nido
viene costruito scavando sul terreno.
Capita a volte di trovare
sotto un sasso o un cespuglio su terreno a grana fine
delle buche di forma conica, realizzata con granelli di
terra o sabbia tutti della stessa dimensione e
accuratamente selezionati; queste buche, sono opera
della larva di Formicaleone, un formidabile predatore di
formiche; ogni buca è una trappola, in fondo alla quale
vive la larva ben nascosta; quando una formica
inavvertitamente arriva al bordo della buca può
scivolare dentro e non riuscire più a risalire, mentre
la larva con le possenti mascelle di cui è dotata la
afferra e la trascina in fondo alla trappola.
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Trappole di larva di
Formicaleone (Myrmeleontidae)
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Deiezioni tipiche dei lombrichi |
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Rosicchiamento
su palchi e ossa
Palchi e ossa possono
essere rosicchiati da Roditori, sia di piccola
dimensione come i topi selvatici o le arvicole sia di
dimensione maggiore come l’Istrice; si pensa che questo
avvenga perché sono ottime fonti di calcio e altri
minerali.
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Palco di giovane Cervo (Cervus
elaphus) rosicchiato da Topo
selvatico (Apodemus
sylvaticus) |
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Quando si trovano i resti
di una preda spesso ci si trova a fare una doppia
identificazione, sia per riconoscere la preda dai resti
sia per capire chi può averla predata; nel primo caso si
rimanda all’apposita sezione … Nel secondo caso verranno
illustrati più in dettaglio successivamente alcuni
consigli che possono aiutare a identificare i predatori.
Se la preda è piccola, ad
esempio un micro mammifero come un topo selvatico o
un’arvicola o un toporagno oppure un piccolo uccello,
essa viene solitamente divorata intera e raramente si
trovano dei resti, a parte forse la testa o qualche
ciuffo di peli o piume. Delle prede di grandi dimensioni
invece rimangono sempre dei resti i quali a volte danno
la possibilità di identificare chi è stato il predatore,
sia per il modo in cui la preda è stata uccisa e
consumata sia per i segni lasciati dai denti o dal
becco; è anche vero che a volte il predatore può
lasciare altri segni che possono aiutare
nell’identificazione per esempio fatte e impronte nella
vicinanza della carcassa della preda e anche il sito
stesso di alimentazione può dare delle indicazioni
utili. La situazione però si complica perché
frequentemente più predatori possono usufruire della
stessa preda, lasciando tracce diverse che possono
creare confusione; su una carcassa uccisa dai lupi, per
esempio, si possono alimentare anche la volpe, i
mustelidi, ma anche uccelli come i Corvidi o rapaci
diurni come la poiana, persino micromammiferi roditori,
toporagni e i Cinghiali.
Alcuni Carnivori dopo
aver ucciso una preda o dopo aver trovato una carogna
possono spostarla per trasportarla in un posto più
tranquillo, a volte possono anche nasconderla coprendola
di foglie muschi o neve o seppellirla oppure la possono
portare alla tana; questo è per esempio il caso della
volpe, fuori dall’entrata di una tana di questo
carnivoro spesso si possono trovare resti di molti
diversi tipi di preda di cui si è nutrita; anche la
faina è solita, quando possibile, trasportare le prede
in posti tranquilli o vicino alla tana, dove poi i resti
si accumulano.
Quando la preda è un
uccello, è abbastanza facile distinguere se è stato
consumato da un Carnivoro o da un uccello rapace, i
metodi utilizzati da queste due categorie di predatori
per nutrirsi di un uccello sono infatti diversi. Quando
un carnivoro si alimenta su un uccello spesso ne consuma
subito il cervello che rappresenta un alimento molto
nutriente; successivamente strappa a morsi le penne dal
corpo, le copritrici, le remiganti e le timoniere, in
questo caso lascerà i segni dei morsi e avendo denti
molto affilati è facile che i calami possano essere
recisi di netto inoltre alcune penne non vengono
staccate singolarmente ma a interi gruppi e anche questo
è un parametro che può aiutare nell’identificazione del
predatore; le ossa della preda inoltre possono
presentare segni di schiacciamenti o rotture dovute alla
maggior forza che i mammiferi possono sviluppare con i
morsi. Quando invece un rapace cattura un uccello,
spesso ne stacca subito la testa ma non la consuma,
lasciandola cadere a terra, poi inizia a spiumarla
staccando le penne con il becco e creando una così detta
“spiumata” di penne tutto intorno; le penne, soprattutto
quelle più grandi (remiganti e timoniere) vengono
strappate una ad una e i loro calami non vengono
tagliati, rimangono integri ma possono presentare delle
rotture o piegature in corrispondenza del punto il cui
il rapace ha afferrato la penna con il becco; i rapaci
solitamente iniziano a consumare la preda dai muscoli
del petto usando il becco uncinato con il quale però può
anche incidere la carena dello sterno creando delle
fessure cuneiformi; i rapaci diurni inoltre non
consumano le ossa ma le ripuliscono per bene con il
becco, solo raramente possono rompere e ingoiare piccoli
pezzi delle ossa più piccole; essi inoltre non consumano
lo stomaco e l’intestino delle prede ma li abbandonano
insieme alla carcassa e alle ossa. Alcuni rapaci diurni
usano, quando riescono a trasportare le prede non troppo
grosse, dei punti specifici per spiumare e alimentarsi
delle prede, detti spiumatoi, spesso a poca distanza dal
nido, questo accade per esempio nello sparviere,
nell’astore e nel falco pellegrino. L’ambiente e la
tipologia di preda sono ulteriori parametri che possono
permettere di individuare il rapace che ha predato; una
spiumata di colombaccio dentro un bosco, per esempio,
non può essere opera del falco pellegrino che preferisce
ambienti più aperti, e non può essere opera di uno
sparviere perché il colombaccio è una preda troppo
grossa per questo rapace, quindi molto probabilmente
sarà opera di una astore.
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Differenze dei segni sui calami
lasciati da Mammiferi carnivori
come la Volpe o la Faina e da
rapaci diurni. |
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Dettaglio di una penna in cui si
può notare il calamo tranciato
di netto dai denti affilati di
un Mammifero carnivoro (Volpe)
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Piccione urbano (Columba
livia) predato da femmina di
Sparviere (Accipiter nisus);
si possono notare le penne e
piume staccate singolarmente e i
calami delle penne sono integri. |
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Dettaglio dello sterno di un
uccello predato da un rapace
diurno dove sono evidenti i
segni lasciati dal becco del
predatore sulla carena. |
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I rapaci si alimentano
anche di mammiferi; prede molto tipiche per i rapaci
diurni sono i micromammiferi roditori (topi, arvicole
etc.) e insettivori (toporagni, crocidure etc); di
queste piccole prede però difficilmente si trovano
tracce se non nelle borre. Altri rapaci si alimentano
anche di mammiferi più grandi, solitamente però non
predati direttamente ma trovati già morti, è questo il
caso delle poiane o dei nibbi, per esempio, ma, meno
frequentemente, anche l’aquila reale e l’astore possono
alimentarsi sulle carcasse di mammiferi; in questo caso
i rapaci strappano il pelo del mantello o lacerano la
pelle strappandone dei brandelli per poter accedere ai
muscoli di cui si alimentano, si crea quindi tutto un
contorno di pelo intorno alla preda, un po’ simile alla
spiumata; a volte nel caso di mammiferi di taglia non
troppo piccola la pelle può essere staccata anche quasi
per intero quasi come un calzino rivoltato, ad esempio
nel caso di uno scoiattolo, un coniglio o una lepre.
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Capriolo (Capreolus capreolus)
predato da Lupi (Canis lupus)
su cui successivamente si è
alimentato un rapace diurno
(Poiana - Buteo buteo);
si possono notare i ciuffi di
pelo che il rapace ha strappato
col suo becco che creano un
tappeto intorno alla carcassa. |
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I micromammiferi roditori
e insettivori sono preda anche di diverse specie di
mammiferi quali la volpe o i mustelidi e vengono
mangiati interi, raramente rimangono delle tracce di
questi pasti. Una cosa particolare avviene però nei
mammiferi insettivori, come ad esempio le crocidure, le
talpe e i toporagni: essi hanno infatti sui fianchi
delle ghiandole che producono un secreto (utilizzato per
marcare i loro sentieri e il territorio) che per molti
mammiferi risulta sgradevole, per questo motivo quando
vengono catturati e uccisi ad esempio da una volpe
vengono poi abbandonati e non è raro trovare i loro
cadaveri lungo i sentieri.
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Crocidura minore (Crocidura
suaveolens) predato da Volpe
o Faina e poi abbandonato lungo
un sentiero. |
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Quando i grandi Carnivori
si alimentano di altri mammiferi, solitamente erbivori,
di grossa taglia, hanno diversi modi di operare e grazie
ad alcuni parametri è possibile risalire al predatore
come per esempio i segni dei denti, la modalità di
uccisione e la modalità di consumo della preda. I segni
dei denti restano a volte bene impressi sulle ossa delle
prede o sulla pelle, solitamente quelli dei canini e
possono rappresentare un parametro utile per
l’identificazione del predatore, integrandosi con altre
informazioni; in particolare la distanza tra i canini
può essere indicativa, considerando però che ci possono
essere differenze di taglia tra un individuo e l’altro
nella stessa specie e considerando anche il fatto che i
canini superiori tendono a essere più distanziati
rispetto a quelli inferiori.
Specie |
Distanza tra i
canini |
Lince |
25-35 mm |
Volpe |
26-30 mm |
Tasso |
28-30 mm |
Lupo |
35-50 mm |
Orso bruno |
45-65 mm |
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Ciuffi di pelo di Capriolo
rimasti sul terreno durante lo
spostamento della carcassa da
parte dei Lupi. |
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Ciuffo di pelo di Lepre (Lepus
europaeus) rimasto sul
terreno dopo la predazione da
parte di una Volpe. |
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Specie di predatori
Orso
L’orso bruno solo
raramente uccide prede di grandi dimensioni come i
cervi; quando lo fa utilizza sia morsi, principalmente
alla testa, sia le zampe anteriori provviste di possenti
artigli; i morsi vengono spesso assestati anche sul muso
e capita che l’intera parte anteriore del cranio possa
essere schiacciata, spesso è anche possibile notare i
segni dei grossi canini, buchi con diametro di 45-65 mm;
anche il morso al collo può essere utilizzato. Consuma
poi la preda uccisa iniziando dalle parti inferiori come
il petto e le cosce e dalle interiora; le ossa vengono
strappate e separate le une dalle altre, quindi
frantumate con le potenti mascelle e mangiate. Non
riuscendo a consumare la carcassa per intero, l’orso una
volta che si è alimentato, la ricopre di vegetazione (o,
di neve se presente) per poi tornare successivamente a
cibarsene ricoprendola a fine pasto tutte le volte.
Lince
La tecnica della lince
per uccidere le prede è tipica: balza sul dorso e la
uccide per soffocamento con un preciso morso alla gola o
più raramente al collo; i segni del morso possono essere
visibili solo con un attento esame ravvicinato della
preda; per questa tecnica di uccisione rapida e precisa
nel punto in cui la lince ha catturato una preda
difficilmente si rinvengono segni di lotta. La preda
viene poi consumata iniziando dalle zampe posteriori e
dalle spalle mentre la testa, la nuca, i polmoni e lo
stomaco non vengono toccati. La lince non nasconde il
cibo ma a volte può ricoprire parzialmente i resti della
preda.
Gatto selvatico
Le predazioni di un gatto
selvatico sono difficilmente distinguibili da quelle di
un gatto domestico. Un gatto selvatico cattura anche
prede piuttosto grandi fino alla dimensione di un
coniglio e consuma le prede partendo dalla zona delle
spalle e spolpando le ossa delle zampe, raramente
decapita le prede e non consuma i polmoni. Se la preda è
grande può tornare a consumarla più volte, ricoprendola
parzialmente di vegetazione o neve se disponibile.
Differenze tra lupo e
cane nelle predazioni
Le tecniche di caccia dei
lupi variano sia in funzione della specie predata sia in
funzione delle tecniche di difesa o di fuga della
preda. Generalmente i lupi vivono e cacciano in branchi,
inseguono la preda fino a sfinirla, cercando poi di
circondarla o di spingerla verso una strettoia. Le prede
piccole (caprioli, cinghiali, pecore) vengono uccise con
un solo morso alla gola o alla nuca; le prede più grandi
(cervi o cavalli) vengono azzannati varie volte durante
l’inseguimento soprattutto ai fianchi o alle cosce, con
conseguenti emorragie sottocutanee molto intense; mentre
uno o più lupi cercano di bloccare la preda, un altro
esemplare la uccide con un morso alla gola una volta che
è atterra dopo averla soffocata con morsi al muso. Gli
artigli del Lupo, come quelli del cane, non sono molto
lunghi e sono smussati, quindi non trapassano la
pelliccia delle prede. Gli animali che riescono a
sfuggire ad un attacco di lupi restano generalmente
gravemente feriti.
Una volta uccisa la preda
sia i cani che i lupi aprono per prima la cavità
addominale divorando le interiora e successivamente i
muscoli. Se non vengono disturbati i lupi dopo il pasto
riposano vicino alla preda, continuando a consumarla
nelle ore successive fino a lasciare solo il contenuto
dello stomaco, le budella, alcuni brandelli di pelle e
poche ossa; in caso di disturbo o se la preda è molto
grossa possono asportare alcune parti per trasportarle
in luoghi più tranquilli; di una preda grossa vengono
lasciate anche le ossa più grandi e la pelliccia.
Generalmente i cani a
causa dell’addomesticamento e della mancanza di
esperienza sono predatori poco efficienti; pochissimi
cani hanno la possibilità di cacciare prede e
perfezionare le loro tecniche di caccia e uccisione;
quando attaccano prede di grossa taglia le azzannano
senza criterio in tutte le parti del corpo e raramente
la preda muore a causa delle ferite dirette ma per shock
o per sfinimento.
Specie |
Aspetto
della preda |
Cane |
-
Ferite in
tutto il corpo (orecchie, muso, gola ,
spalle, fianchi, torace, mammelle, zampe)
-
I morsi sono
di profondità e gravità variable
-
Nel morso la
distanza tra canini superiori varia da 3 a
5,7 cm; stessa cosa nei canini inferiori
-
Se il branco
che ha attaccato la preda è formato da
individui di razza/taglia diversa, sul corpo
della preda si troveranno morsi di varia
grandezza |
Lupo |
-
Le ferite
sono distribuite soprattutto nella parte
anteriore del corpo della preda (testa, gola
e muso)
-
Le ferite
sono sempre molto gravi
-
Nel morso la
distanza tra i canini è costante (circa 4 cm
trai superiori e circa 3 tra gli inferiori)
-
Se le prede
sono grandi (cavalli, bovini, cervi) i morsi
più gravi si trovano a livello del garretto
e sulle zampe posteriori. In tal modo la
preda viene bloccata per poi essere morsa
mortalmente alla gola o alla testa |
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Predazioni di
Volpe
La volpe si nutre
principalmente di piccoli mammiferi; raramente può
aggredire ungulati o pecore ma solo se si tratta di
esemplari malati, deboli o molto giovani. Può raramente
capitare, solo in inverno, che la volpe possa uccidere e
divorare anche esemplari adulti e sani facilitata dalla
neve (per es la neve crostosa nella quale la volpe non
sprofonda ma gli ungulati sì). Se la preda è piccola la
volpe può staccarle la testa e può portare via il corpo;
una volta sfamatasi seppellisce il corpo della preda per
nutrirsene successivamente così proteggerla da altri
animali competitori, soprattutto Corvidi. Inoltre questo
carnivoro ha l’abitudine di urinare nei punti n cui si
alimenta, dove è quindi possibile sentire un tipico
odore “volpino”.
La volpe caccia le sue
prede azzannandole più volte alle zampe, ai fianchi e
all’addome. Per tale motivo la vittima presenta molte
emorragie sottocutanee in varie parti del corpo; una
volta che la preda stramazza al suolo la volpe la uccide
con ripetuti morsi alla gola e alla nuca. Le estremità
dei canini molto appuntiti lasciano numerosi fori
profondi e di piccolo diametro, provocando ferite simili
a quelle di un fucile a pallini.
Della preda in genere la volpe divora per primo l’addome
e il suo contenuto, inoltre essa può staccare e portare
via singole parti del cadavere, in particolare la testa.
Le carcasse uccise da
Volpe o mustelidi come la Martora o la Faina hanno segni
simili ed è difficile identificare il predatore; solo la
presenza di altri segni di presenza può essere d’aiuto
ad esempio una fatta, questi predatori spesso “marcano”
la preda defecando sopra o nelle vicinanze, la volpe può
anche urinare lasciando un odore caratteristico.
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Spiumata di Anatide predata da
una Volpe (Vulpes vulpes)
che ha "marcato" con una fatta
il punto in cui si è alimentata.
Notare anche le piume strappate
a ciuffi interi e i calami delle
penne tranciati di netto. |
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Riccio (Erinaceus europaeus) predato da Volpe |
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Predazioni e segni di
alimentazione dei Mustelidi
Puzzola
La puzzola si alimenta
tantissimo di anfibi e i loro resti predati si trovano
frequentemente sulle rive di un lago o uno stagnetto ma
a volte anche nelle loro vicinanze, sopra qualche roccia
e vicino alla tana; la puzzola non si alimenta delle
teste dei rospi, che quindi vengono abbandonate,
probabilmente a causa delle grandi ghiandole velenose,
inoltre, poiché la puzzola uccide gli anfibi con un
morso alla testa, è possibile rinvenirvi i segni dei
denti.
Tasso
Il tasso pur avendo una
dieta molto varia basata anche su vegetali si nutre
spesso di piccoli di invertebrati ma può catturare anche
mammiferi; una preda tipica è il riccio, del quale il
tasso lascia solo la pelle rivoltata e lo stomaco con
l’intestino cieco, come fanno le volpi.
Il tasso è anche ghiotto
di larve di vespe e calabroni e per questo depreda gli
alveari sottoterra utilizzando le sue potenti unghie per
scavare e accedere alle celle; questo grosso mustelide
non riesce a estrarre le singole larve ma mangia
direttamente interi pezzi di favo; oltre alle larve, se
ne trova, il tasso è ghiottissimo anche del miele (da
cui deriva anche il suo nome scientifico Meles meles).
Un altro predatore di favi è il falco pecchiaiolo che
grazie al suo becco riesce a estrarre le singole larve
dopo aver staccato e portato via qualche pezzo favo.
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Predazione di Tasso (Meles
meles) su nido ipogeo di
Vespula germanica |
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Faina e Martora
Martora e Faina uccidono
le prede in modi diversi in base alle loro dimensioni:
prede grandi vengono uccise con un morso alla nuca,
appena dietro il capo mentre animali più piccoli come i
piccoli roditori vengono uccisi direttamente con un
morso alla testa. Quando una faina ha accesso a una
colonia di uccelli per esempio di gabbiani o entra in un
pollaio può uccidere molti più uccelli di quanti ne
riesce poi a consumare o portare via e così è nata la
credenza che questo mustelide succhi il sangue alle
prede ma in realtà si tratta di una teoria senza alcun
fondamento.
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Ritrovare pezzi di Capriolo in
cima a un albero a oltre 3 metri
di altezza può far pensare una
Lince, ma la fototrappola
posizionata sul posto ha svelato
che è stata una Faina (Martes
foina) a portare in cima
all'albero all'interno di una
cavità i brandelli di pelle del
Capriolo (predato
precedentemente da Lupi). |
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Lontra
Resti di pesce di cui si
è alimentata la lontra si trovano solitamente sulle rive
dei fiumi e dei laghi, a volte sopra grossi sassi; i
resti sono di pesci ma anche di anfibi e crostacei; dei
pesci spesso viene lasciata intatta la coda.
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Chirotteri
L’unica situazione in cui
si possono trovare i resti di prede dei pipistrelli è
sotto i loro nascondigli; i pipistrelli si nutrono di
insetti, dalle dimensioni di una zanzara fino anche a
grosse falene; dei piccoli insetti non rimane nulla
perché vengono inghiottiti interi mentre quando il
pipistrello cattura una grossa falena non se ne alimenta
in volo ma ritorna al suo nascondiglio dove può
alimentarsi con calma staccando alcune parti
dell’animale di cui non si alimenta come ad esempio le
ali o le elitre dei coleotteri; saranno questi i resti
tipici che si possono trovare sotto i posatoi alimentari
dei pipistrelli, insieme alle loro fatte.
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Resti di coleotteri e
lepidotteri predati da un
pipistrello (Ferro di cavallo
maggiore - Rhinolophus
ferromequinum); tra i resti si
possono notare anche le fatte.
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Rapaci diurni
Quando predano un uccello
i rapaci non tagliano di netto i calami delle penne
(come fanno la volpe e i mustelidi) ma possono provocare
delle rotture o delle piegature nel punto in cui hanno
afferrato il calamo di una penna col becco per
staccarla; inoltre lo sterno della preda presenta
lacerazioni cuneiformi provocate dal becco adunco quando
il rapace si alimenta strappando i muscoli del petto.
Quando catturano un piccolo mammifero generalmente non
lasciano tracce, lo ingoiano per intero (soprattutto i
rapaci notturni) oppure, nel caso dei rapaci diurni, lo
spezzettano col becco; al massimo possono lasciare solo
la testa. Quando la preda è un mammifero di taglia
maggiore oppure quando il rapace si alimenta sulla
carogna di un animale trovato già morto, si viene a
creare tutto intorno alla preda un contorno di ciuffetti
di pelo strappati col becco, a differenza dei mammiferi
carnivori che invece staccano pezzi di pelliccia molto
più grossi e non si fanno problemi a mangiare anche
bocconi di carne della preda con tutto il pelo.
Alcuni rapaci spiumano a
terra quando non sono disturbati, altre specie come il
falco pellegrino o il lanario ma anche il lodolaio e
l’astore possono trasportare la preda, se non è troppo
grossa, in posatoi più alti, su rami o rocce dove la
spiumano e in questo caso il vento disperderà tutte le
piume e penne su una vasta area, quindi non si formerà
la classica “spiumata” che si può ritrovare a terra.
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Spiumatoio di Astore (Accipiter
gentilis) su un ceppo nel
bosco |
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Tipica "spiumata" di Piccione
urbano a opera di una femmina di
Sparviere (Accipiter nisus) |
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Rapaci notturni
Raramente è possibile
trovare i resti di prede lasciati dai rapaci notturni;
essi infatti solitamente ingoiano le prede intere grazie
alla loro ampia apertura del becco. Ci penserà poi il
ventriglio a triturare le prede separando i resti
indigeribili che verranno poi rigurgitati sotto forma di
borra; sono dunque le borre a darci indicazioni sulle
prede di cui i rapaci notturni si sono alimentati.
Averle
Pur essendo dei
passeriformi e non di grandi dimensioni sono dei veri e
propri predatori, catturano grossi invertebrati ma anche
micromammiferi e altri piccoli passeriformi fino alla
dimensione di un cardellino. Non disponendo però delle
possenti zampe dei rapaci, dotate di artigli acuminati,
devono però usare una particolare tecnica, che risulta
utile anche allo scopo di accumulare provviste quando il
cibo è abbondante: le averle creano infatti delle
dispense incastrando le prede tra le biforcazioni dei
rami dei cespugli o anche infilzandole direttamente
sulle spine; in questo modo hanno due vantaggi, il primo
è quello di tenere la preda ben ferma per strapparne la
carne con il loro becco leggermente uncinato, il
secondo, nel caso di prede vertebrate (micromammiferi e
piccoli uccelli) è quello di lasciarle un po’ di tempo
così che le carni si ammorbidiscano (come una sorta di
macerazione) rendendo poi più semplice lo smembramento.
In particolare è l’averla maggiore a essere più
specializzata nella cattura di piccoli vertebrati mentre
l’averla piccola, la specie più comune, si limita solo a
grossi insetti.
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Una grossa cavalletta infilzata
in una spina non può essere che
opera di un'Averla, in questo
caso un'Averla piccola (Lanius
collurio) |
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Corvidi
I corvidi sono avidi
divoratori di carcasse; i loro potenti becchi riescono a
strappare pezzi di carne anche se non sono adunchi come
i becchi dei rapaci; solitamente i corvidi iniziano a
mangiare la parte tra le costole per poter giungere alle
interiora oppure accedono alle interiora partendo
dall’ano o anche allargando eventuali ferite già
presenti nella carcassa; anche gli occhi sono tra i
primi a essere divorati.
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Predazione di uova
Molte specie di animali,
sia mammiferi che uccelli, possono predare nidi di
uccelli per alimentarsi delle uova. Un uovo predato
presenta segni diversi rispetto un uovo che si è schiuso
in maniera naturale anche se a volte il guscio è così
danneggiato che sarà difficile riuscire a risalire al
predatore che se ne è alimentato. Gli uccelli che
possono predare uova sono principalmente i Corvidi e i
Laridi ma anche alcuni rapaci come il falco di palude
possono rubare uova dai nidi e nutrirsene; in genere gli
uccelli rompono il guscio al centro disperdendo anche
parte del contenuto, quindi spesso rimane il guscio
rotto in uno o più punti con anche tracce del tuorlo.
Può capitare a volte di osservare nidi artificiali per
piccoli passeriformi (cincie, codirossi per esempio) il
cui foro d’entrata è stato ampliato: questa è opera del
picchio rosso maggiore che depreda i nidi, non alla
ricerca di uova ma per nutrirsi dei pulli.
Tra i mammiferi diverse
specie possono depredare le uova dai nidi: la volpe, il
riccio e i mustelidi (faina, martora, donnola etc); le
specie più grandi come la volpe tendono a consumare del
tutto l’uovo, frantumando il guscio con la bocca ,
consumando il contenuto e scartando i pezzi di guscio; i
mammiferi più piccoli fanno un lavoro più pulito, aprono
con i denti una punta del guscio spingendone dunque i
bordi verso l’interno; in alcuni casi si possono notare
anche i fori provocati dai canini (e la distanza tra i
canini può aiutare a riconoscere la specie). Anche il
riccio è un abituale predatore di uova, che trova nei
nidi di uccelli a terra; una volta trovato un nido con
uova apre con i denti un grosso foro nel guscio e con la
lingua ne svuota il contenuto; i nidi predati dal riccio
si riconoscono per la presenta di gusci rotti in piccoli
pezzi e il nido interamente cosparso del contenuto delle
uova. Mentre la volpe e il riccio riescono a predare
solo uova in nidi costruiti a terra, la faina e la
martora, essendo ottimi arrampicatori, possono predare
uova anche in nidi aperti o dentro le cavità posti a
svariati metri d’altezza dal suolo; questi predatori
inoltre possono predare non solo le uova ma anche i
pulli.
Un uovo schiuso in modo
naturale non sempre si ritrova vicino al nido perché i
genitori tendono a portare lontano i gusci; il pulcino
all’interno dell’uovo al momento della schiusa usa il
così detto “dente del becco” (una sorta di spina cornea
situata vicino alla punta della mascella superiore) per
rompere la membrana interna e il guscio al fine di poter
uscire; durante questa operazione si rompono piccoli
pezzi di guscio e si distaccano mentre la membrana
sporge inizialmente oltre il bordo del guscio ma poi
gradualmente si secca e si ripiega così da formare una
sorta di orlatura; l’interno del guscio, quando l’uovo
si è schiuso naturalmente, non mostra alcuna traccia di
tuorlo o albume e spesso le due metà dell’uovo (non
sempre simmetriche) si trovano insieme anche se i gusci
sono stati portati lontani dal nido, questo perché
l’adulto per trasportare i due pezzi di guscio mette la
calotta più piccola dentro la più grande; spesso le due
metà del guscio possono combaciare in modo quasi
perfetto. Quando l’uovo è invece rotto da un predatore
la membrana non si estende oltre il guscio e manca
l’orlatura, oltre al fatto che rimangono sempre dei
residui del contenuto, soprattutto sono ben visibili
quelli del tuorlo; se l’uovo era vicino alla schiusa
possono anche essere presenti tracce di sangue del pullo.
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Uovo predato da Falco di palude
(Circus aeruginosus) |
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Nido di Merlo (Turdus merula)
dove una Ghiandaia (Garrulus
glandarius) ha predato le
uova |
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Uova di Capinera (Sylvia
atricapilla) predate da
Ghiandaia |
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Gusci di molluschi
Le chiocciole terrestri
sono fonte di cibo per diverse specie animali,
soprattutto uccelli. Il tordo bottaccio per esempio ne è
ghiotto e utilizza sassi pezzi di legno sufficientemente
duri come incudine per poter rompere i gusci, dunque se
trovate un sasso con diversi gusci di chiocciole rotti
intorno è sicuramente opera di questo Turdide. Anche
molti roditori mangiano le chiocciole, soprattutto le
arvicole ma anche i topi selvatici e i ratti; in questo
caso si troveranno i gusci rotti vicino all’entrata
della loro tana; i gusci rotti dai roditori inoltre
presentano, ad un’analisi più approfondita, dei segni
caratteristici dovuti al rosicchio soprattutto sulla
spirale interna mentre il margine rimane integro.
Anche i molluschi
acquatici sono tipico alimento per molte specie di
animali. Le lontre ad esempio ne consumano in quantità,
creando mucchi ordinati di conchiglie sulle rive dei
fiumi; l’arvicola d’acqua integra spesso la sua dieta
vegetariana con i molluschi, rosicchiando il bordo del
loro guscio per accedere al mollusco all’interno. La
beccaccia di mare è specializzata nel catturare e
consumare molluschi di varie specie, soprattutto vongole
e cozze che riesce ad aprire con tecniche molto evolute:
alcuni individui aprono i gusci “martellandoli” con il
loro becco dopo aver incastrato la cozza in una fessura
o tenendola ferma con le zampe e lasciano segni
facilmente identificabili poiché i gusci avranno una
parte mancante sul lato della cerniera; altri individui
lavorano direttamente sui banchi di cozze esposti,
selezionata la cozza dal guscio più sottile usano il
loro becco come uno scalpello colpendo le valve aprendo
così un varco sui bordi più sottili del guscio; infine
ci sono altri individui detti arpionatori (soprattutto
femmine e giovani) che incastrano la cozza su un fianco
e infilano il loro becco sottile e appuntito tra le
valve, tagliando il muscolo adduttore e facendo leva tra
le valve per separarle; le cozze aperte in questo modo
però non mostrano segni.
I gabbiani e le
cornacchie usano una tecnica molto furba per rompere le
cozze più dure, le lasciano infatti cadere dall’alto su
qualche roccia e possono ripetere l’operazione più
volte, anche oltre una decina fin quando non riescono a
rompere il guscio e accedere all’interno.
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