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Tracce e segni di presenza degli animali: resti animali (penne, peli, ossa, palchi etc.)

 

 

Indice

                 
Introduzione   Tegumento   Muta dei Rettili   Peli dei Mammiferi   Palchi dei Mammiferi
                 
Penne degli Uccelli   Scheletro e ossa   Crani dei Vertebrati   Denti   Crani degli Uccelli
                 
 

 

Introduzione

Penne, piume, pelo, aculei, squame, scaglie ma anche palchi dei cervidi, sono strutture dette annessi cutanei che si rinnovano periodicamente, i vecchi elementi cadono per essere sostituiti dai nuovi . Per questo non è raro trovare in natura aculei di istrice, piume e penne di uccelli, solitamente sotto i loro posatoi, o anche il palco di un cervo; tutti questi elementi costituiscono importanti segni che indicano la presenza di una specie in un determinato ambiente. A volte invece si trovano i resti di animali morti per cause naturali o artificiali oppure predati, se i resti sono molto vecchi rimangono solo le ossa nel caso dei vertebrati; anche in questo caso se si ritrova un cranio sarà facile risalire alla specie di appartenenza, mentre dalle sole ossa l'identificazione risulta più complicata.

 

 

Tegumento

 

Rettili: muta della pelle

I rettili cambiano, durante la loro crescita, l’intera pelle del corpo, questo avviene in tutte le specie, dalle lucertole ai serpenti. Negli animali adulti, poi, una volta raggiunta un certa taglia, il processo di cambio della pelle diventa meno frequente. Nelle lucertole, nei gechi, nelle tartarughe e testuggini la pelle viene persa a brandelli molto piccoli e dunque difficilmente si può arrivare ad una identificazione della specie. I serpenti invece mutano sezioni di pelle più grandi e con maggiore frequenza, spesso si può ritrovare anche l’intera pelle. La muta nei serpenti inizia dalla bocca, strusciandosi contro elementi naturali come rocce o tronchi essa si sfila lentamente all’indietro lungo tutto il corpo; se la pelle rimane integra e intera sarà più facile risalire alla specie di appartenenza. Il riconoscimento delle specie si può effettuare anche solo dalle singole squame: vipere e bisce, per esempio, hanno squame provviste di piccole creste, quelle di vipera sono più arrotondate, le squame di biscia invece sembrano più allungate mentre nel colubro liscio le squame non presentano creste; l’orbettino lascia una pelle di muta che si può confondere con quella dei serpenti ma non è molto sviluppata in lunghezza e le squame sono lisce e arrotondate.

 

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Pelle di muta di una Vipera (Vipera aspis)

 

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Pelle di muta di un Biacco (Hierophis viridiflavus)

 

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Mammiferi

 

Peli

Sebbene la pelliccia dei mammiferi si usuri col tempo e perda quotidianamente dei peli che vengono poi sostituiti da quelli nuovi, è difficile ritrovarne in natura a causa delle loro minuscole dimensioni, per questo raramente i peli sono utili come segni di presenza di una specie. In rari casi si possono trovare ciuffi di pelo che sono più facili da individuare e da identificare, ad esempio quando un mammifero passa in mezzo ai rovi o attraverso una recinzione con filo spinato, oppure nel caso di liti tra individui come avviene nelle lepri o nei cervidi. Vi sono poi altre due situazioni in cui si può tentare di riconoscere una specie a partire dai resti della pelliccia o da singoli peli: la prima si ha nel caso di ritrovamento di tracce di predazione, in cui il predatore ha seminato in giro pezzi di pelliccia della preda durante la sua cattura o il trasporto, mentre la seconda situazione si ha col ritrovamento di fatte di carnivori che contengono peli delle prede.

La funzione dei peli che costituiscono la pelliccia dei mammiferi è principalmente quella di isolamento termico. I peli però non sono tutti uguali, nella pelliccia di un mammifero infatti si possono distinguere diverse tipologie di peli:

a) Vibrisse: sono peli con funzione sensoriale, sono larghi e rigidi e collegati a terminazioni nervose molto complesse

b) Setole: si tratta di peli robusti e rigidi con diametro uniforme in tutta la loro lunghezza; hanno midollo assente o molto ridotto e sezione ovale o circolare. Nel cinghiale, per esempio, tutta l‘intera pelliccia è composta da questo tipo di peli e la loro punta è sfrangiata.

c) Peli di rivestimento (Overhairs): sono peli poco diffusi, generalmente molto più lunghi rispetto a tutti gli altri, si trovano nella parte esterna della pelliccia e hanno sezione circolare con scarso valore diagnostico per l’identificazione microscopica.

d) Giarra (Guard hairs): peli larghi e con diametro spesso, costituiscono la parte più importante della pelliccia di un mammifero; ne esiste una variante  ancora più spessa, si tratta dei peli di protezione (“Shield hairs”). Hanno un diametro uniforme lungo tutta la loro lunghezza e la parte distale è molto più larga e appiattita. I peli di giarra più spessi, detti primari, sono molto utili per la discriminazione delle specie.

e) Borra (Undehairs): sono peli corti e sottili e solitamente ricci, formano uno strato molto denso e  la loro funzione è principalmente quella di termoregolazione. Sono poco utili ai fini diagnostici.

f) Crini: si tratta di peli spessi e lunghi che si trovano in particolari zone del corpo ad esempio sulla criniera o la coda dei cavalli.

g) Aculei: sono peli molto ispessiti e dunque rigidi e pungenti, non hanno un vero e proprio midollo all’interno ma un canale vuoto e come gli altri peli vengono cambiati periodicamente. Si trovano in mammiferi come il riccio e l’istrice e sono usati a scopo di difesa.

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Tipologie di peli nei Mammiferi

 

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Aculei di Istrice (Hystrix cristata)

 

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Identificazione microscopica dei peli

 

A cosa serve?

Come si diceva l’identificazione dei peli è più facile quando si trovano in ciuffi o quando si trovano brandelli di pelliccia, mentre nel caso di singoli peli può essere più complicato identificare la specie di appartenenza. In questo caso solo l’osservazione al microscopio può consentire di riconoscere la specie di appartenenza. L’identificazione microscopica dei peli si utilizza molto nello studio della dieta dei carnivori, come ad esempio il Lupo; si estraggono i peli delle prede dalle fatte, si preparano per l’analisi microscopica tagliandone sezioni trasversali o facendo il calco della cuticola e quindi, basandosi su una serie di parametri che descriveremo nei paragrafi successivi, si procede all’identificazione.

 

Struttura microscopica dei peli dei Mammiferi

I peli più significativi e utili ai fini dell’identificazione microscopica sono quelli di giarra, che costituiscono la maggior parte dei peli più grossi del mantello di un mammifero. Per capire come identificare microscopicamente i peli è importante per prima cosa analizzarne la struttura microscopica. Ogni pelo è costituito da tre strati ben distinti formati da cellule cheratinizzate:

1) Midollo

Si trova nel centro del pelo e può avere sezioni trasversali con forme diverse e variabili, e può inoltre contenere o meno dei pigmenti. Nei peli più vecchi il midollo presenta meno cellule e più quantità di aria al suo interno.

b) Corteccia

Composta da cellule a forma poligonale molto cornificate e dotate di granuli di pigmento. La forma dei granuli e la loro organizzazione variano in base alla specie; se il pigmento è assente la corteccia appare traslucida.

c) Cuticola

Questo strato è molto sottile ed è costituito da una serie di scaglie incastrate una sull’altra; solitamente non contiene pigmenti tranne che in rari casi come alcune specie di Chirotteri. Le scaglie sono disposte con il loro margine libero rivolto verso la punta del pelo e vicino alla radice possono essere più aperte e non fortemente schiacciate contro il fusto del pelo; le scaglie possono avere dimensione, forma e disposizione molto variabili.

 

Struttura microscopica di un pelo

 

Identificazione microscopica dei peli dei Mammiferi

Ai fini di identificare la specie di appartenenza si possono valutare diversi parametri di un pelo, questi nel loro insieme consentono di ottenere diverse informazioni, anche sull’età. I parametri citati successivamente sono solo una semplificazione perché la variabilità  delle strutture è elevata.

 

1) Esame della morfologia generale

Un primo esame macroscopico e col microscopio della morfologia generale dei peli fornisce già alcune utili chiavi per l’identificazione; osservare un pelo al microscopio nella sua interezza consente di studiarne meglio la morfologia generale ma anche di osservare la pigmentazione generale e la zonatura.  I peli possono avere diversi profili strutturali ad esempio:

-Profilo a scudo: è il tipo più comune nei peli della giarra; il pelo si allarga nella parte terminale per poi restringersi di nuovo in corrispondenza della punta.  

-Profilo ondulato: l’ondulazione può essere di diversi tipi aiutando così nella discriminazione delle specie

-Profilo a zig-zag: si ha quando le ondulazioni diventano più appuntite

-Docce: si tratta di canali longitudinali visibili al microscopio  e sono comuni nei Lagomorfi.

 

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Profili e forme dei peli di Mammiferi

 

2) Esame della sezione trasversale

I peli per questo tipo di analisi devono essere appositamente preparati: vanno prima immersi in una soluzione di idrossido di potassi per ammorbidire la cheratina quindi inglobati in paraffina, a questo punto con un apposito strumento chiamato microtomo si tagliano delle sottili fettine che vanno poi posizionate su un vetrino per l’osservazione al microscopio ottico; in questa procedura è bene tagliare il pelo a varie altezze ma il punto più utile per l’identificazione delle specie è nella parte più larga dei peli di giarra. Osservando le sezioni trasversali dei peli al microscopio si possono notare diverse forme sia del pelo che del midollo e queste hanno una importantissima funzione diagnostica.

 

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Sezione trasversale dei peli di Mammiferi

 

3) Esame del midollo

Questo tipo di esame può essere eseguito solo decolorando il pelo (con acqua ossigenata) e osservazione al microscopio ottico in trasparenza. Osservare la struttura del midollo è molto utile ai fini del riconoscimento, da specie a specie varia la forma e la disposizione spaziale reciproca delle cellule midollari e degli spazi d’aria tra esse. Si possono distinguere 4 principali gruppi di strutture midollari e ciascuno di questi gruppi include una serie di sottocategorie:

-Midolli ininterrotti: hanno un tronco centrale continuo senza interruzioni e si distinguono in sottocategorie (midollo reticolato, reticolato aeriforme, semplice)

-Midolli interrotti: sono l’opposto dei precedenti, hanno tronchi centrali interrotti da sezioni di cellule corticali

- A scala: hanno spazi d’aria organizzati in modo ordinato in file, possono essere uni seriati se vi è una sola fila di spazi d’aria o multiseriati se ci sono due file

- Midolli misti: sono più rari, possono essere globulari (costituiti da un insieme di spazi d’aria a forma globosa), stellati (hanno estroflessioni nella corteccia) o a intrusione (hanno proiezioni irregolari nella corteccia).

 

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Midollo: struttura composizione e margini

 

4) Esame della cuticola

Questa analisi viene effettuata creando un’impronta del pelo su apposite sostanze (PVA  o smalto trasparente) e ponendo poi l’impronta su un vetrino da microscopio. Questo esame consente di osservare dettagliatamente la forma e disposizione delle scaglie ma anche le loro dimensioni e i margini sulla superficie del pelo (lavorando a ingrandimenti molto elevati, solitamente 1000x), tutti questi parametri hanno una fondamentale importanza discriminante per riconoscere le specie di appartenenza.

Per prima cosa le scaglie si distinguono in:

-Scaglie coronali: ogni singola scaglia circonda completamente il fusto del pelo e dunque la cuticola risulta composta da singole scaglie una sopra l’altra, come delle corone.

-Scaglie embricate: è la situazione più frequente, ogni singola scaglia ricopre solo una parte della circonferenza del fusto  dunque le scaglie risultano tra loro sovrapposte. Anche i margini delle scaglie sono importanti ai fini della discriminazione delle specie; per margini si intende il bordo libero di ogni singola scaglia e si possono distinguere 5 tipologie:

-Scaglie con margini lisci

-Scaglie con margini crestati

-Scaglie con margini increspati

-Scaglie con margini a festone

-Scaglie con margini dentati

La distanza tra i margini liberi delle scaglie successive è molto importante per la diagnosi e viene detta distanza tra i margini lamellari; questa distanza tende ad aumentare nella parte del pelo più vicina alla base e diminuisce verso la punta. Si distinguono 3 situazioni principali:

-Scaglie distanti

-Scaglie vicine

scaglie strette

Infine un ultimo parametro importantissimo per l’identificazione è costituito dalla forma delle scaglie. Si distinguono 4 categorie principali ciascuna suddivisa in sotto-categorie:

-Scaglie a petalo: hanno l’aspetto di petali di fiore sovrapposti si distinguono nelle sottocategorie di petalo di diamante, petalo largo e petalo allungato.

-Scaglie a mosaico: hanno una forma angolare con una conformazione generale che ricorda le tessere di un mosaico; si distinguono nelle sottocategorie di mosaico regolare, irregolare  e schiacciato

-Scaglie ondulate: i margini liberi di ogni scaglia hanno una forma che crea una sorta di onde tutto intorno alla circonferenza del fusto. Si distinguono anche in questo caso diverse sottocategorie: onde regolari, irregolari, schiacciate, puntale singolo e puntale doppio)

-Scaglie di transizione: lungo il fusto del pelo, dalla punta alla radice la cuticola ha una organizzazione delle scaglie che può variare; nei punti di passaggio tra un modello e l’altro ci sono delle zone di transizione, le cui scaglie sono appunto chiamate scaglie di transizione.

 

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Classificazione dei peli di Mammiferi in base alla cuticola

Incrociando dunque tutti i parametri sintetici visti in precedenza è possibile arrivare all’identificazione delle specie e alla loro discriminazione. Solo per fare alcuni esempi: il capriolo ha dei peli privi di conformazione a scudo, con scaglie a margini lisci in tutta la sua lunghezza (mentre nella pecora i margini  non sono lisci), inoltre  i peli di capriolo hanno un diametro massimo inferiore a quelli di cervo, pur essendo simili nella microstruttura. Nel capriolo è possibile distinguere anche il mantello estivo (margini delle scaglie vicini) dal mantello invernale (margini più distanti); il daino ha invece scaglie con margini lisci a eccezione della parte verso la punta, e questi margini sono vicini tra loro mentre nel muflone i margini sono lisci ma hanno organizzazione a petalo vicino e nel camoscio il pelo è schiacciato, a nastro; cinghiale, riccio e istrice hanno peli setolosi, nel cinghiale la punta dei peli è sfrangiata e ciò lo rende facilmente identificabile, nell’istrice le scaglie sono a onde regolari mentre nel riccio la cuticola è a mosaico irregolare nella zona alla base del pelo.

Per una identificazione più precisa delle singole specie esistono appositi testi e articoli che descrivono dettagliatamente tutti i parametri per l’identificazione di ogni singola specie. 

 

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Palchi

I cervidi perdono annualmente i loro palchi ed il loro palco è un preciso indizio della presenza di una determinata specie; i palchi hanno forme caratteristiche e dunque è molto semplice risalire al “proprietario” con sicurezza. Palchi e corna sono molto diversi: i palchi sono strutture ramificate, costituiti solo da un particolare tessuto osseo senza rivestimento corneo e vengono rinnovati annualmente, cioè ogni anno cadono i vecchi palchi e ricrescono quelli nuovi; le corna invece hanno struttura semplice, senza ramificazioni, sono quelle dei Bovidi (domestici o selvatici come il muflone, lo stambecco e il camoscio per esempio) e hanno una base ossea fissata sul cranio rivestita da uno strato corneo esternamente, se la base ossea viene danneggiata non si rigenera più. Le corna dei Bovidi dunque sono permanenti e l’astuccio corneo che si avvolge intorno cresce di anno in anno sia in lunghezza che in spessore ed è dunque possibile stabilire l’età degli individui in base ai solchi che si formano durante la crescita.

Due ormoni regolano la crescita e caduta dei palchi: l’ormone somatotropo e il testosterone; i palchi sono portati quasi esclusivamente dai maschi adulti. L’ormone somatotropo determina la crescita dei palchi, durante questa fase il tessuto è molto vascolarizzato e rivestito da una peluria detta velluto; il testosterone invece determina la successiva ossificazione dei palchi e la chiusura dei vasi sanguigni che li nutrono, in questo modo la crescita del palco si annulla e il tessuto del velluto muore iniziando a distaccarsi; infine il testosterone determina la caduta dei palchi.

Come si diceva i palchi sono tipici dei Cervidi; in Italia sono presenti tre specie: il cervo, il daino e il capriolo. Nei cervidi la forma e ramificazioni dei palchi cambiano con l’età dunque anche in questo caso è possibile stabilire l’età degli individui.

Nel cervo i giovani di 1-2 anni sono chiamati fusoni e hanno palchi senza ramificazioni, questi sono chiamati “pugnali”; dal secondo fino al quinto anno di età nei giovani maschi di cervo i palchi hanno almeno 3 ramificazioni, dopo il quinto anno di età i maschi diventano adulti e normalmente presentano 6 ramificazioni; il numero di ramificazioni non crescerà più con l’età ma aumentano le dimensioni e la massa dei palchi, anche il loro colore si scurisce fino al 14-15esimo anno di età, quando ormai raggiunta la vecchiaia il grosso palco (detto trofeo) inizia a regredire.

Nel daino si ha una situazione simile al cervo: i giovani daini detti fusoni hanno due “pugnali” fino al secondo anno di età, successivamente il palco inizia a ramificarsi e allargarsi a formare la pala terminale tipica di questa specie, la quale con l’andare avanti dell’età diventa sempre più ampia ed estesa; dal tredicesimo anno di età in poi il palco inizia a regredire.

Nel capriolo, a differenza delle due specie precedenti non si ha la stessa relazione età-dimensioni del palco: nei giovani il palco è semplice senza ramificazioni ma già a partire dal secondo anno di età il palco presenterà sempre 3 punte.

I palchi possono presentare forma, struttura e aspetto generale diversi anche in funzione di fattori genetici, alimentazione o stress; si possono spesso osservare delle malformazioni per esempio oppure numero minore di punte, o asimmetrie tra il palco destro e sinistro.

I palchi possono essere rosicchiati da diverse specie di piccoli roditori come i topi selvatici o le arvicole, che ne ricavano minerali importanti per arricchire la dieta; mentre però nel Daino e nel Cervo al massimo si possono trovare piccoli segni di rosicchiatura nel caso di vecchi palchi caduti, nel capriolo, che ha palchi costituiti da una sostanza cartilaginea con alto contenuto nutritivo, i palchi possono essere totalmente “divorati” dai roditori ed è per questo che i palchi di capriolo sono i più difficili da trovare rispetto a cervo e daino.

 

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Descrizione

 

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Palchi di Cervo (Cervus elaphus)

 

 

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Palco di giovane Cervo (Cervus elaphus) rosicchiato da un roditore (probabilmente un topo selvatico o un arvicola)

 

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Uccelli: penne e piume

Anche le penne degli uccelli vengono sostituite periodicamente attraverso il processo di muta e non è raro trovarne in giro; solitamente si trovano singole penne, se si ha la fortuna di  trovare un posatoio abituale è più facile trovare più penne di muta; altra situazione tipica in cui si trovano delle penne è quella dei cadaveri morti per cause naturali o artificiali o per predazione; ritrovare più penne, in alcuni casi particolarmente difficili, facilita l’identificazione.

Il piumaggio di un uccello è formato da molte tipologie di penne, da quelle di contorno che sono molto piccole e “piumose” alle più robuste penne remiganti e timoniere che servono per il volo e le copritrici che sono una via di mezzo tra le penne di contorno e quelle di volo. In genere è piuttosto difficile riconoscere la specie di appartenenza dalle penne di contorno, mentre è più semplice, se si ha una certa esperienza e una buona guida, riconoscere le specie dalle penne più grandi come le remiganti e le timoniere e spesso anche dalle copritrici.

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Mappa del piumaggio di un uccello (Falco pellegrino - Falco peregrinus)

 

Già dalla forma delle penne è possibile capirne la tipologia: le remiganti sono le penne delle ali e servono per il volo, si distinguono in due categorie principali, le remiganti primarie (indicate con la lettera P) che sono in genere 10 e si trovano nella parte esterna dell’ala, sono di forma appuntita, con calamo dritto e le più esterne (la P10 per esempio ma anche le successive) hanno una sorta di scanalatura al vertice che in alcune specie, come ad esempio i rapaci, è molto marcata ed è detta “coltello”; le remiganti secondarie (indicate con la lettera S) si trovano nella parte interna dell’ala e sono solitamente più corte e arrotondate oltre che avere il calamo leggermente incurvato; le penne della coda, le timoniere (indicate con la lettera T), servono da timone per manovrare ma hanno un ruolo anche nel volo, sono generalmente 6, e con punta arrotondata, le due T1 sono quelle centrali e hanno il calamo simmetrico (il calamo divide il vessillo in due parti uguali), via via che si va verso l’esterno della coda le altre timoniere diventano sempre più asimmetriche (T2, T3, T4, T5 e T6).

 

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Alcune tipologie di penne e piume e loro caratteristiche

 

Le penne dei rapaci notturni hanno barrature simili a quelle dei rapaci diurni e possono portare a confusione ma si distinguono facilmente perché tutti i rapaci notturni hanno delle microstrutture (prolungamenti filamentosi delle barbule) che conferiscono al loro piumaggio una superficie vellutata; questa sorta dei superficie vellutata sulle penne dei rapaci notturni si percepisce già al tatto e si è evoluta per conferire a questi rapaci un volo silenzioso.

 

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Dettaglio macro della superficie di una penna di Gufo comune (Asio otus) si possono notare i lunghi filamenti che formano l'effetto vellutato per rendere il volo più silenzioso

 

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Fotografia al microscopio elettronico a scansione (SEM) a 50 ingrandimenti, della penna di un gufo reale (Bubo bubo); si possono osservare i filamenti (prolungamenti delle barbule) che conferiscono l'effetto vellutato al piumaggio dei rapaci notturni.

 

 

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Identificazione microscopica delle piume

 

A cosa serve?

A differenza dei peli dei mammiferi è molto più facile ritrovare le penne degli uccelli cadute durante la muta oppure nelle carcasse morte per cause naturali o artificiali o predate e le penne sono in genere più semplici da identificare rispetto ai peli. Vi sono però delle circostanze particolari in cui si ha esistenza di risalire alla specie di appartenenza solo da piccoli frammenti di penne o solo da piumino ad esempio quando si studia l’alimentazione dei rapaci diurni analizzandone le borre (che contengono solo, appunto, frammenti di penne e piumino); altra situazione che ha portato ad una evoluzione degli studi e delle tecniche sull’identificazione microscopica delle penne è quella dei bird-strikes, gli impatti degli uccelli con gli aerei, dopo l’impatto infatti al massimo rimane solo qualche residuo di piumino e grazie alle tecniche di identificazione microscopica è possibile risalire alla specie di appartenenza e realizzare così studi e statistiche sulle specie più comunemente coinvolte nei bird-strikes.

 

Introduzione

Le penne degli uccelli sono costituite da cheratina, una proteina che conferisce loro leggerezza ma allo stesso tempo rigidità e robustezza. La loro struttura è complessa essendo formata da un intreccio di filamenti che si agganciano tra loro allo scopo di fornire maggiore resistenza alle penne.

 

Tipologie di penne

Nel corpo di un uccello vi sono migliaia di penne, con forme e funzioni diverse:

-Setole: somigliano alle vibrisse dei mammiferi, si trovano alla base del becco di molte specie di uccelli (soprattutto insettivori o predatori) e sono dei veri e propri organi di senso che consentono di percepire le vibrazioni delle prede. Hanno struttura semplice essendo costituite solo da una rachide rigida e nuda solo con pochissime barbe vicino alla base

-Filopiume: somigliano a peli sottili, a volte sulla punta hanno un ciuffo di barbe e crescono tra le altre penne del piumaggio; si pensa abbiano la funzione di facilitare agli uccelli la sistemazione delle penne durante la cura e lisciatura del piumaggio.

-Semipiume: sono piccole penne nascoste tra le penne di contorno, hanno una struttura soffice e piumosa, le barbe non sono dotate di uncini e non sono agganciate tra loro; la loro funzione è quella di intrappolare aria allo scopo di fornire un migliore isolamento termico

-Piumino: ha una struttura ancora più soffice rispetto alle semipiume, le barbe non sono agganciate, la rachide può essere assente o è poco sviluppata; sono meno comuni rispetto alle semipiume e la loro funzione è simile, assicurare un migliore isolamento termico. Il piumino è presente anche nei pulli ma ha funzioni e struttura diversa.

-Penne di contorno: sono le penne vere e proprie quelle che servono principalmente al volo (timoniere e remiganti) e a coprire il resto del corpo dell’uccello fornendo protezione meccanica e dagli agenti atmosferici. Hanno struttura rigida (“pennosa”) e le barbe sono saldamente agganciate tra loro grazie agli uncini delle barbule. Alla base del vessillo, soprattutto le timoniere della coda e le copritrici, possono presentare una zona più soffice (“piumosa”) simile al piumino, con le barbe non agganciate tra loro.

 

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Tipologie di piume degli Uccelli

 

Struttura di una penna

La base di una penna è formata da una sorta di stelo cavo, chiamato calamo, nella parte inferiore il calamo presenta un’apertura che si chiama ombelico inferiore mentre nella parte superiore il calamo è collegato al rachide che costituisce lo scheletro rigido della penna; l’insieme di calamo e rachide è detto scapo della penna. Il vessillo si trova su entrambi i lati del rachide ed è costituito da una serie di filamenti visibili anche a occhio nudo che sono le barbe della penna; nella parte più bassa, in corrispondenza dell’inizio del calamo, le barbe possono essere disgiunte, altrimenti, nel resto del vessillo le barbe sono agganciate tra di loro per fornire maggiore resistenza; solitamente il vessillo è asimmetrico (tranne che nelle timoniere centrali della coda) e si distingue in vessillo esterno (solitamente più stretto) e vessillo interno, in genere più largo. Ogni singola barba è simile a una penna in miniatura, ha una struttura centrale (detta ramo) a cui sono attaccate molte barbule; le barbule presenti su ciascuno dei lati del ramo costituiscono un vanulo, che sarebbe una sorta di vessillo in miniatura. Lungo il ramo di una barbula sono presenti delle strutture simili a delle ingrossa ture dette nodi, a distanza intervallata l’uno dall’altro e costituiscono le principali microstrutture utilizzate per l’identificazione microscopica.

  

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Struttura di una penna

 

Identificazione microscopica

Le barbule nelle penne di contorno hanno sono dotate di uncini che consentono loro di agganciarsi le une alle altre così da conferire maggiore resistenza e rigidità alla penna; in queste penne le barbule possono essere strutture complesse con molta variabilità anche all’interno della stessa specie, esse non sono quindi adatte per l’identificazione microscopica.

Le barbule del piumino (o della zona piumosa alla base del vessillo nelle penne di contorno) invece hanno una struttura meno complessa e meno variabile e sono molto più utili ai fini dell’identificazione microscopica delle specie; nelle barbule del piumino è inoltre più semplice osservare quelle microstrutture importanti per l’identificazione.

 

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Struttura microscopica di una barbula

 

Le microstrutture osservabili al microscopio che consentono di identificare e distinguere una specie da un’altra sono le seguenti:

1)Villi:

Sono strutture molto importanti ai fini dell’identificazione microscopica e sono comuni solo nell’ordine dei Passeriformi. I villi sono strutture molto sottili, appaiono come piccole proiezioni o estroflessioni alla base delle barbule e solitamente vicini alla base della barba. Per le loro dimensioni molto piccole sono spesso difficili da osservare, per questo è importante usare microscopi di buona qualità. I  villi si osservano principalmente in 4 gruppi di uccelli: passeriformi canori, colibrì, picchi e limicoli quindi già la loro presenza esclude determinati taxa di uccelli. Inoltre la loro forma può essere ulteriormente diagnostica ad esempio nei passeriformi canori sono nodosi mentre nei picchi sono incurvati all’indietro (cioè verso il ramo della barbula).

 

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Foto microscopica di una piuma dove si possono osservare i villi

 

2) Asimmetria:

Quando i nodi sono presenti soprattutto o solo su un lato del ramo delle barbule (cioè solo sul vanulo di destra o di sinistra) si parla di asimmetria. Questa caratteristica è stata osservata nei colibrì per esempio ma anche in alcune specie di rallidi e di Columbiformi.

 

3)Forma dei nodi:

I nodi possono avere diverse forme che hanno una importante funzione diagnostica; anche il maggior o minore sviluppo dei nodi aiuta nell’identificazione; ad esempio nelle penne dei Falconiformi sono molto poco sviluppati (con l’eccezione del gheppio) e anche questo è un parametro discriminante per identificare una penna.

La forma dei nodi può essere di diverso tipo:

a) Nodi allargati: quasi tutte le specie hanno nodi allargati tranne i Falconiformi (con l’eccezione del Gheppio).

b) Nodi ramificati: alcuni ordini di uccelli hanno nodi ramificati, spesso presenti solo verso la punta della barbula.

c) Nodi ad anello: sono caratteristici dell’ordine dei Galliformi

d) Nodi a forma di vaso: forma tipica che si ritrova nei Passeriformi. Spesso questi nodi contengono pigmento scuro.

e) Nodi triangolari: sono tipici degli Anseriformi e dei Psitaciformi

f) Nodi quadrilobati: nodi tipici dell’ordine Columbiformi

 

4) Distribuzione dei nodi:

La distribuzione dei nodi lungo il ramo della barbula ha funzione discriminante. Si possono distinguere:

a) Nodi distribuiti solo alla base della barbula

b) Nodi distribuiti solo verso la punta della barbula

c) Nodi distribuiti uniformemente lungo tutto il ramo della barbula

 

5) Densità dei nodi:

Il numero di nodi per unità di lunghezza cioè la loro densità ha funzione discriminante. Questo parametro si può applicare solo nelle barbule con nodi distribuiti uniformemente (4a). Si distinguono 4 categorie principali:

a) Densità di meno di 10 nodi per mm

b) Densità di 10-20 nodi per mm

c) Densità di 20-30 nodi per mm

d) Densità di più di 30 nodi per mm

 

6) Pigmentazione:

Il pigmento che dà il colore finale alle penne può essere presente o assente e, quando presente, può essere distribuito in modo diverso nei nodi. Si distinguono 3 principali tipologie di distribuzione del pigmento:

a) Nodale: Quando il pigmento si trova esattamente sul nodo

b) Prenodale: quando il pigmento si trova prima del nodo

Postnodale: quando il pigmento si trova anche nella parte posteriore del nodo.

Il pigmento inoltre può essere di tipo uniforme, internodale e distale.

 

Quella descritta sopra è una classificazione semplificata dei diversi parametri che si possono utilizzare per identificare microscopicamente una penna, l’incrocio di questi parametri comunque consente di arrivare con una certa precisione a identificare e discriminare le varie specie di uccelli. Facciamo qualche esempio: i Columbiformi hanno barbule molto allungate su cui sono presenti dei nodi con una forma particolare, simile a un fiore di croco (per questo chiamata “crocus-shaped”) molto allargati sulla base e con una maggiore prominenza solo da un lato (quello prossimale) delle barbule, i Galliformi hanno dei nodi ad anello e ricchi di pigmento scuro mentre gli Anseriformi hanno nodi a forma triangolare con una lunghezza e barbule piuttosto breve, nelle anatre i nodi si trovano nella parte finale delle barbule mentre nelle oche si trovano nella sezione più vicina alla base delle barbule.

Per una identificazione più precisa delle singole specie esistono appositi testi e databases che descrivono dettagliatamente tutti i parametri per l’identificazione di ogni singola specie.

 

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Classificazione dei nodi delle barbule

 

 

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Penna di Colombaccio (Columba palumbus)

 

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Penna di Fagiano femmina (Phasianus colchicus)

 

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Penna di muta di Assiolo (Otus scops)

 

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Penna di Ghiandaia (Garrulus glandarius)

 

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Remgante primaria di Poiana comune (Buteo buteo)

 

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Scheletro (ossa e crani)

Resti ossei si possono trovare quando si ha a che fare con un animale predato o dentro una borra o nel caso di animali morti per altre cause (naturali o artificiali). Lo scheletro dei vertebrati è composto da innumerevoli ossa ad esempio le ossa lunghe degli arti superiori e inferiori, le ossa del bacino, le vertebre, le costole e il cranio. In generale il cranio è l’unica parte dello scheletro che può consentire un’identificazione piuttosto precisa della specie di appartenenza, le altre ossa forniscono poche informazioni e non è detto che ad esempio da una vertebra o da un femore si possa giungere a identificare a chi appartenesse se non in linea molto generale.

 

 

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Le diverse tipologia di ossa negli Uccelli e nei Mammiferi (Roditori e Insettivori)

 

Ossa dei Pesci

Poiché i pesci vivono in acqua essi non hanno bisogno della rigidità strutturale degli animali che vivono sulla terra ferma, l’acqua sostiene il loro corpo e dunque le ossa dei pesci sono molto sottili e delicate, per questo è piuttosto raro trovare scheletri interi di pesci, al massimo si può trovare il cranio o qualche parte di esso come una mascella dentata.

 

Ossa di Anfibi e Rettili

Anche gli anfibi hanno scheletri molto fragili e leggeri e spesso si disfano in mille pezzi rendendo difficile il riconoscimento; gli anuri (rane, rospi) non hanno costole, gli arti posteriori sono molto lunghi, adatti al salto.

 

Ossa dei Mammiferi

Lo scheletro dei Mammiferi formato da ossa molto robuste e “pesanti” che devono sorreggere il peso e le sollecitazioni del corpo sotto la forza di gravità. A una estremità della colonna vertebrale si trova il cranio che funge da involucro di protezione per il delicatissimo cervello ed è l’ unico elemento che può consentire un’identificazione precisa della specie; dall’altro lato della colonna vertebrale c’è una gabbia toracica formata da costole che serve per proteggere gli organi interni e sostiene il movimento degli arti, superiori e inferiori; la colonna vertebrale termina poi (non su tutte le specie) con una coda più o meno lunga.

 

Ossa degli Uccelli

Le ossa degli uccelli sono facilmente riconoscibili grazie ad alcune caratteristiche peculiari; esse sono infatti evolute per una maggiore leggerezza grazie alla loro struttura interna molto particolare: sono ossa cave (chiamate anche ossa pneumatiche) e quindi più leggere ma rimangono molto robuste grazie a tutto un intreccio di tubercoli al loro interno; inoltre negli uccelli molte altre caratteristiche dello scheletro sono finalizzate alla maggiore leggerezza e ne rendono le ossa più riconoscibili ad esempio la colonna vertebrale presenta molte vertebre fuse tra loro così da ridurre il peso e aumentare la rigidezza utile per il volo; le ossa del bacino sono anch’esse fuse con un gruppo di vertebre formando una struttura a forma di barca; le costole sono dotate di una sporgenza rivolta all’indietro (detta processo uncinato) che si innesta nella costola successiva così da migliorare la rigidezza; infine anche lo sterno è modificato e diverso da quello dei mammiferi, esso possiede infatti una “carena” che serve per rafforzare il collegamento con i muscoli del volo molto grossi e potenti.

 

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Il cranio

Il cranio dei vertebrati è una struttura complessa, a sua volta composta da numerose ossa sia fuse che separate e altri elementi come i denti o il becco (detto ranfoteca). Le diverse ossa e strutture di un cranio possono dire molto sulla specie di appartenenza poiché sono legate a determinate caratteristiche e abitudini dell’animale:

-la funzione principale del cranio è quella di proteggere un organo molto delicato e fondamentale, il cervello, una scatola cranica molto grande, come avviene nei Primati, dunque, indica una massa cerebrale molto sviluppata

-ai due lati del cranio sono situate le orbite oculari, dove alloggiano gli occhi, dalla loro dimensione è possibile capire se l’animale abbia abitudini più o meno notturne, orbite molto ampie indicano grandi bulbi oculari adatti per la visione notturna

-anche la posizione delle orbite è indicativa, se sono posizionate più frontalmente abbiamo a che fare con un predatore, un carnivoro, perché in questo modo la visione binoculare consente una valutazione più precisa delle distanze mentre orbite posizionate ai lati della testa indicano che l’animale è una specie preda, per cui è importante una visione più ampia tutto intorno a sé per individuare eventuali predatori

-la dentatura fornisce molte altre informazioni, soprattutto sulle abitudini alimentari della specie, come vedremo in seguito

-le ossa zigomatiche offrono una superficie di attacco per i muscoli mascellari, tanto più sono ampi gli zigomi tanto più sviluppata è questa muscolatura, indicando un morso molto potente, tipico di un carnivoro

-forma e dimensioni delle ossa dell’orecchio (bulla timpanica) indicano quanto sia importante l’udito per l’animale

 

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Diverse tipologie di Crani nei vertebrati (Anfibi, Rettili, Mammiferi)

 

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Crani di Pesci, Anfibi e Rettili

 

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Struttura del cranio di un Mammifero

 

 

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Adattamenti osservabili nei crani dei Mammiferi

 

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I denti

Sono strutture molto dure, composti da dentina (tessuto simile all’osso) ricoperta sulla superficie esposta da un duro strato di smalto. Nei pesci i denti possono essere distribuiti su tutta la cavità orale quindi anche nella faringe, sul palato e sulla lingua mentre negli altri vertebrati (tetrapodi) i denti si trovano ai margini della mascella (raramente sul palato) e sono collegati alle strutture sottostanti da tessuto connettivo e da cemento (un tipo di osso acellulare non vascolarizzato).

Come è fatto un dente

La parte del dente che fuoriesce dalla gengiva è detta corona (formata esternamente da smalto e internamente da dentina) mentre la parte all’interno della gengiva è la radice. La radice può essere singola o multipla; la corona può avere una o più cuspidi cioè delle punte che servono ad afferrare o spezzettare il cibo.

 

 

Dentature dei vertebrati

 

Pesci

Nei pesci la dentatura è omodonte e molto variabile, i denti possono essere pesenti solo su una mascella o su entrambe, ma possono essere posizionati anche sul vomere o sul palato ma anche sulle ossa della faringe mentre in alcune specie è assente. Le specie predatrici hanno denti canini formi, appuntiti e spesso seghettati, adatti per afferrare le prede e strapparne parti di cui alimentarsi; le specie “erbivore” invece hanno denti incisivi formi, con la superficie appuntita adatta a raschiare e strappare alghe o latri organismi. Altre specie come i saraghi possiedono anche dei denti molariformi adatti per schiacciare gusci di molluschi o crostacei.

 

Anfibi

Alcuni Anuri per esempio nel genere Bufo non hanno denti, altri Anuri hanno invece dei denti tutti uguali (dentatura omodonte) solo sulla mascella superiore; gli Urodeli invece hanno denti omodonti sia sulla mascella superiore che inferiore.

 

Rettili

Anche nei rettili la dentatura è di tipo omodonte, cioè denti tutti uguali, non diversificati, con forma subconica. Poiché i rettili non masticano i denti servono solo per afferrare le prede e favorirne la deglutizione. Nelle tartarughe (Chelonidi) i denti sono assenti e la dentatura è sostituita da lamine cornee affilate ai margini delle mascelle. Alcuni serpenti oltre ai denti omodonti hanno anche un paio di denti più lunghi e appuntiti e scanalati (solitamente con funzione velenifera) che possono essere posizionati nella regione posteriore dei mascellari (opistoglifi) oppure nella regione anteriore dei mascellari (proteroglifi e solenoglifi). Lucertole e gechi hanno denti tutti uguali (dentatura omodonte) di forma conica.

 

Mammiferi

Nella dentatura dei mammiferi si trovano diversi tipi di denti che assolvono a ruoli diversi, questo tipo di dentatura viene detta eterodonte. Poiché i mammiferi masticano il cibo nella loro dentatura vi sono denti specializzati per questo ruolo. I denti dei mammiferi si distinguono infatti in:

-Incisivi: servono per afferrare o catturare il cibo, sono specializzati soprattutto per incidere e tagliare e sono molto sviluppati nei roditori, dove hanno crescita continua e devono essere costantemente limati attraverso l’attività alimentare. Hanno lo smalto presente solo sulla parte frontale che quindi si usura più lentamente rispetto alla dentina presente nella parte posteriore, creando così un bordo che si auto-affila. Nei Lagomorfi (conigli e lepri) a differenza di altri Roditori, si può notare, inoltre, che dietro i grossi incisivi si nasconde una seconda fila più piccola. I cervidi (e anche gli ovini) hanno gli incisivi solo nella mascella inferiore.

-Canini: anch’essi hanno la funzione di afferrare il cibo, sono anche chiamati zanne e sono molto sviluppati nei carnivori, ma sono anche presenti negli onnivori e negli insettivori. La loro funzione è quella di afferrare e trattenere le prede ma anche di ucciderle; canini molto sviluppati sono associati a potenti muscoli mascellari dunque nei crani dei carnivori si hanno anche ossa zigomatiche molto grandi.

-Premolari e molari: servono per la masticazione, elaborano il cibo, si trovano nella parte posteriore della mascella e della mandibola, in fondo alla bocca. Le loro forme possono essere piuttosto variabili, come vedremo successivamente, in funzione dell’alimentazione della specie: gli erbivori in particolare hanno adattamenti particolari, hanno molari appiattiti e spesso scanalati per funzionare meglio come macine riducendo il cibo in poltiglia prima di inghiottirlo; nei carnivori invece hanno subito modifiche evolutive atte a migliorare l’efficienza nel tagliare la carne e per questo sono diventati affilati e taglienti (in questo caso sono chiamati carnassiali). Negli onnivori, che sono una via di mezzo tra carnivori ed erbivori (come per esempio l’orso bruno o il tasso) i molari e premolari hanno caratteristiche intermedie, i premolari sono taglienti e frastagliati mentre i molari sono appiattiti più in fondo. Gli insettivori come pipistrelli, toporagni e ricci hanno tutti i denti affilati e acuminati, perfettamente adattati per fare presa sulla superficie dura, lucida, scivolosa degli invertebrati.

 

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Diverse tipologie di dentature nei Mammiferi

 

Incisivi e canini si trovano nella parte anteriore della mascella mentre premolari e molari si trovano nella parte posteriore. I premolari anteriori sono generalmente semplici denti foranti, i premolari intermedi invece tagliano mentre i molari (posteriori) frantumano e macinano il cibo. I premolari si distinguono dai molari perché hanno solo una o due radici e sono bicuspidi mentre i molari hanno 3 radici e da 3 a 5 cuspidi; gli erbivori fanno eccezione perché la corona dei molari è uguale a quella dei premolari. I molari inoltre possono essere classificati in base all’altezza della corona: nei molari detti brachiodonti la corona ha altezza regolare mentre nei molari detti ipsodonti la corona è molto alta ed è rivestita da cemento, questa è la tipologia di molari e premolari degli erbivori in cui lo smalto si consuma meno e tende a formare delle creste di smalto duro che aiutano meglio nella triturazione dei vegetali più duri; in funzione di queste creste si possono distinguere denti lofodonti (tipici dei Perissodattili e di molti roditori, le creste dette anche lofi sono allungate e parallele tra loro, ma perpendicolari rispetto all’asse maggiore della bocca) e denti selenodonti (tipici dei Cervidi e dei Bovidi, corone basse e cuspidi a forma di mezza luna, per aumentare la superficie triturante). Nei mammiferi insettivori le cuspidi si sono fuse a formare delle creste (dette lofi); nelle specie di mammiferi onnivori e nel riccio si è aggiunta, con l’evoluzione, una quarta cuspide, detta ipocono, nei molari superiori creando così una superficie più o meno quadrata. Nei mammiferi Carnivori, anche se non in tutte le specie, si ha un adattamento particolare, i denti carnassiali, rappresentati dal quarto premolare superiore e dal primo molare inferiore che sono grandi e a forma di lama per tritare e tagliare meglio la carne (un esempio di Carnivoro con denti carnassiali è il lupo).

 

Formula dentaria

È una rappresentazione schematica dei denti di un mammifero; solitamente è rappresentata da una serie di frazioni, una per ogni tipo di dente; al numeratore viene riportato il numero di un determinato tipo di dente (ad esempio incisivi, canini etc) presente in una sola semiarcata, quella mascellare superiore, mentre al denominatore viene riportato il numero di denti dello stesso tipo presenti in una delle due semiarcate mandibolari; il numero totale dei denti sarà ottenuto sommando quelli al nominatore e quelli al denominatore e moltiplicando per due (perché, appunto, la formula dentaria si riferisce solo a una semiarcata cioè alla metà destra o sinistra della mascella o mandibola).  L’ordine dei denti è sempre fisso, anche se non vengono indicati, prima i canini (C) poi gli incisivi (I), quindi i premolari (Pm) e infine i molari (M); facciamo un esempio, la formula dentaria della volpe:

  o più sinteticamente può essere scritta così:  e ancora più in sintesi anche senza la linea di frazione

 

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Formula dentaria nei Mammiferi

 

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Valutazione dell’età dei Mammiferi sulla base delle caratteristiche del cranio e della dentatura

La sostanza che tiene ancorati saldamente alla loro sede i denti dei mammiferi si chiama “cemento” e si deposita ogni anno intorno alla radice di ogni dente. Attraverso un procedimento particolare che prevede il taglio in sezione trasversale di un dente e la colorazione con varie sostanze chimiche è possibile, osservando al microscopio, vedere le linee di crescita che si formano con l’aggiunta dei vari strati di cemento, una sorta di “anelli di accrescimento” negli alberi. Il cemento si rideposita ogni anno e per questo le linee di accrescimento possono fornire una informazione precisa sull’età dell’animale.

Inoltre l’età dei Mammiferi può essere calcolata anche in base al numero dei denti; come avviene anche nell’uomo, infatti, anche altri mammiferi hanno una dentatura temporanea di denti “da latte” che poi viene sostituita definitivamente da una dentatura permanente. I denti degli animali giovani sono in numero diverso rispetto a quelli degli adulti, più bianchi, più piccoli e più taglienti ma anche molto meno usurati. Esistono protocolli molto dettagliati per risalire all’età di un animale, ad esempio di un Cervide, valutandone i denti. Per i Carnivori si hanno meno conoscenze e i protocolli sono meno precisi ma, in linea generale, si consideri che l’altezza di canini e incisivi si riduce di circa il 10% per ogni anno di vita.

Altri indizi del cranio possono fornire informazioni sull’età degli animali ad esempio lo sviluppo della cresta sagittale o la fusione delle ossa. Nel tasso per esempio il cranio si evolve con l’età, negli individui giovani la cresta ossea che attraversa la parte superiore del cranio, chiamata cresta sagittale, è poco sviluppata; alla cresta sagittale si agganciano i muscoli della mascella e questa diventa sempre più sviluppata con l’età; nei tassi adulti diventa più alta e prominente infatti. Anche la fusione delle ossa che compongono la scatola cranica può dare un’indicazione sull’età dell’animale: negli individui più giovani le suture (cioè i punti di cucitura tra le varie ossa del cranio) sono più evidenti ma col tempo si chiudono se si fondono gradualmente, diventando meno visibili.

 

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Valutazione dell'età del Cinghiale (Sus scrofa) sulla base dello sviluppo dei canini

 

 

 

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Crani di alcune specie di Mammiferi

 

 

Specie

Dentatura

Numero di denti

Formula dentaria

Misure

Riccio

Eterodonte

Insettivoro

36

3 1 3 3

2 1 2 3

53,8-64,2 x 32-39 mm

Toporagno

Eterodonte

Insettivoro

32

3133

1113

14,4-16,9 x 7-8 mm

Talpa

Eterodonte

Insettivoro

44

3143

3143

31,6-38,5 x 11-13 mm

Volpe

Eterodonte

Carnivoro

42

3142

3143

12,6x15,4 x 7,1-8,7 cm

Lupo

Eterodonte

Carnivoro

42

3142

3143

 

Gatto domestico/selvatico

Eterodonte

Carnivoro

30

3131

3121

80-101 x 63-80 mm

Martora

Eterodonte

Carnivoro

38

 

84,5-89,5 x  47,6-53,8 mm

Faina

Eterodonte

Carnivoro

38

 

79-85 x 48,6-55 mm

Puzzola

Eterodonte

Carnivoro

34

 

58,2-71,8 x 32,2-43,2 mm

Ermellino

Eterodonte

Carnivoro

34

 

41,6-58,8 x 21,4-30,6 mm

Donnola

Eterodonte

Carnivoro

34

 

31,4-42,7 x 15,1-25,0 mm

Tasso

Eterodonte

Carnivoro

38

3141

3142

114,2-137,6 x 69,4-86,6 mm

Arvicola campestre

Eterodonte

Roditore

16

 

22,5-27,6 x 12,8-15,4 mm

Campagnolo rossastro

Eterodonte

Roditore

16

 

22,2-26,5 x 12,4-15,5 mm

Topo comune

Eterodonte

Roditore

 

 

19,2-22,8 x 10,4-12,4 mm

Topo selvatico

Eterodonte

Roditore

 

 

21,6-24,6 x 11,6-14,0 mm

Coniglio selvatico

Eterodonte

Roditore

28

2033

1023

68,2-75,0 x 37,2-41,4 mm

Lepre

Eterodonte

Roditore

28

2033

1023

85,2-97 x 45,2-52,0 mm

Cervo

Eterodonte

Erbivoro

34

0133

3133

34-36 x 14-15 mm

Daino

Eterodonte

Erbivoro

32

0033

3133

27,1x

Capriolo

Eterodonte

Erbivoro

32

0033

3133

 

Muflone

Eterodonte

Erbivoro

32

0033

3133

21,0-23,2 x 9,4-10,6 cm

Camoscio

Eterodonte

Erbivoro

32

0033

3133

18,9-20,7 x 8,2-9,0 cm

Cinghiale

Eterodonte

Erbivoro

44

3143

3143

 

 

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Differenze nei crani di Lupo, Cane e Volpe

 

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I crani degli uccelli

Sono in genere facilmente riconoscibili per la presenza del becco; il becco è ricoperto da una guaina cheratinica chiamata ranfoteca ed è la parte più delicata che dunque potrebbe danneggiarsi facilmente, per questo a volte capita di trovare crani di uccelli con il becco incompleto e dunque più difficile da identificare. I crani delle diverse specie di uccelli variano molto per la loro forma oltre che per il becco; una misura molto importante per l’identificazione dei crani degli uccelli è rappresentata dal rapporto tra la lunghezza del becco e la lunghezza della scatola cranica e sulla base di questo rapporto si possono classificare tre principali categorie di crani negli uccelli: a) crani con lunghezza del becco maggiore di quella della scatola cranica b) crani con lunghezza del becco circa uguale a quella della scatola cranica c) crani con lunghezza del becco minore di quella della scatola cranica.

 

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Struttura del cranio degli Uccelli

 

In base alla forma e dimensione del becco, inoltre, è possibile classificare gli uccelli in 10 gruppi principali:

1) Becchi generalisti (grandi e medi)

In questa categoria la lunghezza del becco è in genere uguale o inferiore alla lunghezza della scatola cranica; il becco è robusto e non è specializzato, bensì generalista. Appartengono a questa categoria i Corvidi, i Cuculi, i Galliformi, alcuni Rallidi.

2) Becchi generalisti piccoli

Il cranio di queste specie è piccolo, il becco ha lunghezza uguale o inferiore a quella della scatola cranica ma è più sottile e meno robusto rispetto alla categoria precedente. Vi appartengono molte specie di passeriformi insettivori o generalisti come Alaudidi, Motacillidi, Silvidi, Paridi, Turdidi.

3) Becchi sottili e lunghi

In questo caso il becco è solitamente almeno due volte più lungo rispetto alla scatola cranica ed è molto sottile. Appartengono a questa categoria il gruccione e l’upupa, vari limicoli come la beccaccia, il beccaccino, la pettegola, i totani, le pittime e il mignattaio.

4) Becchi sottili (medi e piccoli)

La lunghezza del becco è uguale o poco superiore alla scatola cranica ed è molto sottile. Appartengono a questo gruppo alcuni Rallidi come il porciglione, vari limicoli come pivieri, piovanelli, piropiro, gambecchi, falaropi e i Columbiformi ma aanche gli smerghi, il cormorano e il marangone dal ciuffo

5) Becchi appuntiti (“a pugnale”)

In questa categoria la lunghezza del becco è solitamente maggiore di quella della scatola cranica, il beco è robusto e appuntito come un pugnale. Vi appartengono gli Ardeidi, il martin pescatore, i picchi, le sterne, le cicogne, le gru, strolaghe, svassi, sula e urie.

6) Becchi filtranti da anatidi

Si tratta di becchi specializzati per filtrare l’acqua alla ricerca di microrganismi; questi becchi sono lunghi quanto il cranio o leggermente meno e hanno forma appiattita. Appartengono a questa categoria gli anatidi, le oche e i cigni.

7) Becchi adunchi

I becchi delle specie che appartengono a questa categoria hanno la punta incurvata verso il basso e generalmente sono più corti della lunghezza della scatola cranica. Questa categoria include i rapaci diurni (sparvieri, falchi, albanelle, nibbi, alcune aquile etc) e i rapaci notturni.

8) Becchi adunghi lunghi

Sono becchi come i precedenti ma più lunghi, la loro lunghezza è maggiore o uguale alla lunghezza della scatola cranica. Appartengono a questa categoria gli avvoltoi, alcune aquile, i gabbiani e il gallo cedrone.

9) Becchi da granivoro

Crani piccoli e arrotondati, solitamente piccoli (meno di 4 cm) nei quali la lunghezza del becco è sempre minore rispetto alla lunghezza della scatola cranica. Hanno becchi simili i Fringillidi e i passeri, nei quali il becco è robusto e conico, e gli Emberizidi (zigoli) nei quali il becco è meno robusto e ha una caratteristica angolatura nella mascella.

10) Becchi molto specializzati

Alcune specie di uccelli hanno becchi davvero molto particolari perché specializzati, è il caso per esempio del crociere, nel cui becco la parte inferiore si incrocia con quella superiore per permettergli di estrarre meglio i pinoli dalle pigne, o del fenicottero, che ha un becco perfettamente evoluto per filtrare il microplancton sul fondo.

 

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Classificazione delle diverse tipologie di crani degli Uccelli.

 

 

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